Regia di Maurizio Fiume vedi scheda film
Meraviglioso film su Siani e sui martiri del giornalismo.
Le ellissi fanno riflettere e permettono di attribuire il giusto peso alle vicende narrate, attraverso il contrappunto ponderato dell’assenza e del silenzio.
Splendido l’uso della camera, così come la fotografia. La realtà quotidiana degli anni ’80 partenopei è resa in modo encomiabile, tanto nella vita del lavoro, quanto nella dura realtà sociale – gestita soprattutto dalla criminalità organizzata -, ma anche nei rapporti più semplici, con amici e fidanzate di varia natura.
Eccellenti anche le scelte di scenografia e di musica.
Maurizio Fiume, grande e sottovalutato artefice del cinema d’inchiesta e di sperimentazione, merita un grande plauso, per il coniugio di impegni civile e di qualità estetica: la sua opera è veloce, non può annoiare, ma mira al cuore. Infatti scuote il pubblico, mettendo in debita luce la portata straordinaria del valore civico del giornalismo d’inchiesta.
Guarda caso, il giornalista che fa bene il suo lavoro - ovvero informa la società sui fatti secondo una gerarchia che è direttamente proporzionale alla incidenza di tali fatti sulla felicità pubblica – è il più criticato, il più isolato. Viene ucciso dalla camorra, a 26 anni, solo per aver fatto bene, molto meglio di altri, il suo dovere di informare, eticamente, criticamente e in modi equilibrati, l’opinione pubblica.
Splendida la raffigurazione della corruzione in seno al giornalismo: chi fa carriera, la fa più facilmente perché si è venduto alla criminalità, o a poteri che non possono evitare l’uso della criminalità. E che proprio così facendo si sono mantenuti al potere. Per chi invece ha scelto di non essere disonesto, alleato della criminalità: ecco, lì la carriera è molto più povera, ben più frustrante.
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