Regia di George Cukor vedi scheda film
Lily James (Lana Turner) arriva a New York da una città del Kansas per tentare la carriera di modella - ai tempi dell'uscita del film, il 1950, da noi era uso dire, da cui il titolo del film, 'L'indossatrice' - e riesce in un batter d'occhio a sfondare; viceversa, sul piano degli affetti personali subisce solo delusioni. Una collega ed amica (Ann Dvorak), in là con gli anni, finisce per suicidarsi per il fatto di essere ormai fuori dal giro e gli uomini che conosce son tutti dei profittatori: la sua vita pare ad una svolta quando conosce Steve Harleigh (Ray Milland), un possidente minerario del quale s'innamora veramente, scoprendo però che l'uomo non solo è sposato ma che la moglie (Margaret Phillips) è paralizzata a causa di un incidente. La situazione si fa complicata ma, alla fine, sarà una risoluta Lily a 'risolverla'.
'A Life of Her Own' è tra i film meno conosciuti e più sottovalutati di George Cukor: parte come una commedia, con una puntuale e sarcastica descrizione del patinato mondo della moda, per poi scendere verso il dramma più cupo, con il suddetto suicidio - la sequenza migliore del film - della collega dell'interprete principale, narrato con grande eleganza formale dall'autore prima suggerendo l'intenzione della donna, che osserva in modo inquietante dal marciapiede, la stanza, posta a dei piani alti, del palazzo dove abita, mostrando poi il suo stato crescente di tensione una volta entrata in compagnia di Lily, per poi procedere con un'ellissi, apprendendo la notizia dalle altre colleghe il giorno successivo, per poi svoltare ancora nel più tipico dei mélo, con un tira e molla, a dir il vero, tirato un po' troppo per le lunghe, ma sciolto ancora una volta con felici intuizioni formali e una chiusa, ingiustamente criticata.
Cukor è efficace nei passaggi da un frangente all'altro del film e regala un altro memorabile ritratto di donna, complice una Lana Turner (il cui fisico forse non era proprio da pin-up, data una certà rotondità delle sue forme e un'altezza non rilevante) in splendida forma recitativa, coadiuvata da un gruppo di caratteri secondari tutti ben a fuoco, dall'anzidetta sfortunata collega resa con toccante partecipazione da Ann Dvorak, all'agente interpretato con consueta vèrve da Tom Ewell, purtroppo un po' sacrificato dall'esiguità della parte, per arrivare all'avvocato dai modi educati di Louis Calhern, fino alla coraggiosa moglie di Harvey della convincente Margaret Phillips; altro punto debole del film sta nell'aver assegnato la parte dell'amante a Ray Milland, bravo attore ma inadatto a parti del genere.
Un'opera più che meritevole di una attenta rivalutazione.
Voto: 7½.
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