Regia di Helia Colombo vedi scheda film
Un film da donare alla scienza!!!
L'uomo sensato si chiede come mai vengano impiegati energie, mezzi (ancorchè pochi) e soldi (ancora meno) per realizzare films del genere. E' questa una domanda alla quale non si può e non si deve dare risposta. Certi films esistono e basta e come tali o si detestano o si amano visceralmente e incondizionatamente come del resto facciamo noi adoratori del trash, del weird e dei very strange movies, nonchè esteti del brutto a tutto tondo.
Pasquale Elio Palumbo (1933-2004) (in arte Eliop) è stato un paroliere e produttore discografico di discreta fortuna, avendo lanciato gruppi famosi come "I Giganti" e "I Santo California", per i quali compose la mielosa "Tornerò" (oltre 1 milione di copie vendute), il duo canoro "Juli & Julie" (di cui faceva parte il padre della cantante Giorgia) e in anni più recenti le cantanti Flavia Fortunato e Jo Chiarello.
Nei primi anni settanta il mercato discografico non garantiva più i guadagni favolosi del decennio precedente e così il Palumbo, nell'ottica di diversificare un po' le proprie attività come un buon investitore, decise di buttarsi anche lui nel mondo del cinema sfruttando delle conoscenze che sicuramente aveva.
Un filone che assicurava buoni incassi a fronte di budgets relativamente contenuti era il thrilling "alla Dario Argento", genere che consentiva, fra l'altro, di eludere con una certa facilità le rigidissime maglie censoree dell'epoca. Dietro la giustificazione di un po' di psicanalisi da caffè, era infatti di consuetudine corroborare trame gialle di maniera con situazioni erotiche e temi scabrosi altrimenti improponibili.
Seguendo le orme di un certo sottobosco cialtrone della cinematografia nostrana, propose dunque a un incauto e improvvisato produttore (tale Dario Ammendola) una scombicchierata sceneggiatura per un film dall'improbabile titolo de "Il giardino delle lattughe". Per non farsi mancare nulla, avrebbe voluto impiegare nel suo "capolavoro" un cast internazionale di cui veniva data per certa, secondo il Palumbo, la partecipazione nientepopodimentochè della grande Bette Davis.
Nonostante cotanto produttore non fosse in grado di mantenere siffatte promesse, il film venne girato ugualmente con attori più "à bon marché". Riveste il ruolo del protagonista l'imbambolato e ipersconosciuto Joseph Arkim (sicuramente uno pseudonimo), da non confondersi con il supereroe per eccellenza della cinematografia turca Cuneyt Arkin. Tra gli altri interpreti (molti dei quali autentici carneadi) riconosciamo la polposa caratterista Gabriella Giorgelli, anche qui incline a mostrare le sue grazie (davvero un bel vedere!), la polacca Halyna Zalewska e la scialba tedeschina Margarethe Rose Kiel, stellina dei coevi decamerotici. Fa parte dell'imbarazzante cast anche tale Francisco Cortez, di cui si vociferò trattarsi addirittura di un principe spagnolo amico del Palumbo!!!
La direzione della pellicola venne arrogata dal medesimo Palumbo, "forte" di sporadiche esperienze in RAI come assistente di studio in alcune puntate del "Musichiere" e del famoso serial televisivo "Le inchieste del commissario Maigret" con Gino Cervi.
Tornando in argomento, il film, girato nel 1972, rimase inedito per circa tre anni, per poi vedere finalmente la luce o il buio delle sale cinematografiche con il diverso e più accattivante titolo di "La polizia brancola nel buio", firmato dal Palumbo con lo pseudonimo americaneggiante di Helia Colombo (che sia un mix tra Elia Kazan e il Tenente Colombo???).
Circolato fino a poco tempo fa in un master ricavato da un super 8 di bassa qualità, il film è stato recentemente restaurato e recuperato per i posteri (ne valeva davvero la pena!!!) in edizione integrale trasmessa addirittura dalle reti Mediaset.
La trama, tanto bizzarra quanto elementare, si incentra su alcuni omicidi commessi nella campagna laziale ai danni di giovani fotomodelle. Un fascinoso giornalista, giustappunto il catatonico Arkin, fidanzato di una delle ragazze scomparse (Margarethe Rose Kiel), uccisa nella stanza di una locanda mentre stava mangiando un panino (sic!), decide di indagare. Finisce così nella villa di un fotografo paralitico, inventore, a tempo perso, di una macchina capace di leggere e proiettare il pensiero umano (sic!) (evoluzione della macchina che proietta l'ultima immagine impressa sulla retina di argentiana memoria). Con lui abitano la moglie lesbica (Halyna Zalewska), la nipote, che se la intende con la lesbica oltre a una coppia di camerieri dall'aria piuttosto inquietante. Frequenta abitualmente la casa anche il medico condotto del paese, tale Dottor Dalla!!! (Il buon Lucio si rivolterebbe nella tomba ma andiamo avanti). Dopo aver assistito a svariate conquiste femminili del detto catatonico giornalista al quale cadono ai piedi praticamente tutte le pulzelle che gli capitano a tiro (tra cui la nipote del fotografo, che vorrebbe essere liberata dal giogo della zia lesbica (mah!) e persino la bella cameriera Giorgelli) e dopo l'omicidio della stessa Giorgelli sgozzata in camera sua dopo un rapporto sessuale con lo scemo del villaggio, sarà proprio l'avveniristica invenzione del fotografo paralitico a individuare l'insospettabile assassino.
Senza anticiparvi nulla sul delirante finale nonche' sull'altrettanto delirante spiegone conclusivo circa la vera identità dell'omicida, ciò per cui si resta a dir poco sbigottiti è l'atmosfera di assoluta seriosita' che pervade l'intera pellicola, a dimostrazione che il Palumbo, atteggiandosi forse a nuovo maestro del brivido, si sia preso incredibilmente sul serio, salvo poi tornare quasi subito a occuparsi di cantanti e canzonette dopo questa sua unica e allucinante esperienza registica, risultata ovviamente fallimentare sotto ogni punto di vista.
Poste queste premesse, è facile intuire come il film, probabilmente inguardabile per i comuni mortali, costituisca invece una continua delizia per i palati trashofili più raffinati ed esigenti: reiterate incongruenze; dialoghi surreali e deliranti (su tutto e su tutti la cena alla metà dello sviluppo narrativo, dove nell'evidente latitanza del copione, i commensali, volendo essere intrattenitori e brillanti, declamano frasi senza senso dando vita a una delle più imbarazzanti performances della storia del cinema). E poi ancora: la recitazione infantile; l'improponibile parrucchino rosso del Dottore; personaggi che si chiamano Enrichetta Blond e Dottor Dalla (sic!); i penosi effetti speciali; l'ambientazione agreste che vorrebbe essere inquietante e che invece è soltanto povera e squallida; le pacche sulla testa che riceve lo scemo del villaggio alla maniera degli sketches di Benny Hill. Che dire poi dell'espediente fantascientifico, il marchingegno che legge il pensiero, un vecchio mixer scassato con un po' di lucine messe lì a casaccio che neanche si accendono!!! Perla, anzi diamante purissimo di comicità involontaria.
Come nel finale il fotografo ha espresso il desiderio di donare alla scienza la sua invenzione, così noi alla scienza vorremmo donare questo film, per dimostrare alla comunità scientifica e all'umanità tutta, di che cosa il nostro cinema di genere (o meglio degenere) è stato capace di partorire!
Un'ultima curiosità: il Palumbo, nel suo libro autobiografico "C'ero anch'io!", nel raccontarci una vita passata tra musica, cinema e televisione, non ha speso una sola parola per questo film....e ne ebbe ben donde!!
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