Regia di Burt Topper vedi scheda film
Uno dei primi titoli ispirato da reali serial killers (nello specifico Lo strangolatore di Boston). Ottima la sofferta interpretazione del corpulento Victor Buono, in futuro di nuovo strangolatore ma attivo in quel di Vienna. La titolazione italiana è, al solito, inappropriata, anche se il desiderio ruota attorno ad una commessa di un parco giochi.
Leo (Victor Buono) lavora come analista e ricercatore in un Ospedale. Di aspetto anomalo, data la sua robusta costituzione, vive da single subendo l'influsso di un madre autoritaria, dispotica e depressa, soprattutto da quando -oltre due anni fa- è stata ricoverata in una clinica per problemi di salute. Quando avviene l'ottavo omicidio di un serial killer che usa strangolare le vittime -tutte ragazze- con le loro calze lasciando sul posto una piccola bambola, Leo finisce più volte sotto interrogatorio della polizia: la vittima, infatti, lavorava come infermiera all'interno dello stesso Ospedale. Leo domanda pure di essere sottoposto al poligrafo, risultando sincero quando affermato la sua estraneità ai delitti. In realtà è proprio lui lo strangolatore. Il nono delitto è di nuovo riservato ad una infermiera, colpevole di essersi presa cura della madre: ma stavolta Leo commette un primo errore uccidendo per rabbia e senza seguire lo schema.
"Perché una ragazza dovrebbe venire con te? A parte me nessuno ti vuole bene. Persino quando eri piccolo non piacevi a nessuno." (Le crude parole della madre -ammalata- indirizzate, senza filtro di buongusto, al turbato Leo)
Notevole giallo dei primi Anni '60 ispirato dalle reali gesta dello "Strangolatore di Boston". Sulla scia del modello di Hitchcock (Psycho), la sceneggiatura tratteggia con cura il profilo dell'omicida, anch'esso portato sulla via del delitto a causa di una madre invadente e severa. E, pure lui, in grado di dissimulare il suo animo nero con atteggiamenti pubblici diametralmente opposti, ovvero promuovendosi socialmente gentile, disponibile, timido e sorridente. Tutto il film è giocato sul fatto che lo spettatore è a conoscenza -sin dalle prime sequenze- dell'identità del killer mentre gli investigatori, i colleghi di lavoro e le ragazze che incontra non hanno (né mai potrebbero) avere il minimo dubbio sulla sua estraneità ai delitti. Inquadrando l'opera al suo tempo (il lontano 1964) questo Le bambole del desidero appare prodotto molto curato nei testi e nella realizzazione, messa in atto da un regista attento ai dettagli e dotato di certa inventiva. Tanto che, sforzandosi un poco, pare quasi di intravedere alcune riprese che -forse inconsciamente- potrebbero anche avere suggestionato il nostro Dario Argento: oltre al primo piano che apre il film, su una pupilla con immagine riflessa (Quattro mosche di velluto grigio), quasi impressionante è l'evocazione di una (rapida) panoramica con punto macchina in movimento dall'esterno di un palazzo, che ricorda il piano sequenza effettuato con la Louma's crane in Tenebre. Che dire poi del rovinoso precipitare dell'assassino dalla finestra? E, a proposito dell'omicida, appare eccezionale l'interpretazione del corpulento Victor Buono, in seguito di nuovo assassino dallo stesso modus operandi nel più leggero (di commedia si tratta) film italiano, Lo strangolatore di Vienna (1971). In conclusione questo Le bambole del desiderio, titolo da noi poco conosciuto, rappresenta un pilastro (e un precursore) del genere giallo, in particolare di quel filone ch'è ispirato da serial killers realmente esistiti.
"Io la guardo già da molto tempo, e lei non se ne è neanche accorta..." (Leo mentre si dichiara ad una commessa del Luna park).
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