Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Prosegue, con grande sfarzo, la saga Indiana Jones. Il blasonato duo Lucas-Spielberg, forte dei successi maturati al botteghino dei due precedenti episodi, ingaggia anche l'attore il cui celebre personaggio, James Bond, aveva funto da modello ispiratore al personaggio di Harrison Ford. Entra così nel progetto, nel ruolo di padre di Indiana Jones, Sean Connery, ulteriore valore aggiunto a un progetto già di suo ben avviato. Promosso sceneggiatore Jeffrey Boam, reduce dal copioni di Arma Letale (firmerà i primi tre episodi) e pescato dal circuito B-Movie. Era stato infatti autore di sceneggiature estrapolate da celebri romanzi adattati per la realizzazione dei film La Zona Morta (da Stephen King) e Salto nel Buio (da Isaac Asimov). L'impegno nel creare un copione più solido di quello al servizio del secondo capitolo della serie è percepibile fin dall'avvio. Boam parte con un duplice prologo, con contesto temporale diverso, in cui mostra, in uno scenario omaggiante il cinema western, uno sbarbato e adolescente Indiana Jones alla caccia occasionale di un reperto storico trafugato da dei tombaroli in uno scenario da Monument Valley. E' da questa azione, oltre che dal fatto di esser figlio di un archeologo, che maturano molti dei vezzi e abitudini del personaggio. Tra queste, grazie a un inseguimento sopra i vagoni di un treno-zoo in corsa, si comprende la paura per i serpenti, la fonte di ispirazione del look (ricalcato sul capo spedizione dei tombaroli che dimostra di apprezzare il coraggio del ragazzo) e persino l'abitudine nell'uso della frusta del personaggio (usata per tenere a bada un leone). Più avanti verrà spiegata anche l'orgine dello pseudonimo Indiana, un nome che non ne indica la provenienza geografica del protagonista ma rappresenta il nome del fedele cane di Jones (che il padre si ostina a chiamare Junior). Di particolare rilievo anche il secondo prologo, con Harrison Ford alle prese con un gruppetto di pseudo-pirati, di notte e a largo delle coste del Portogallo, in un Atlantico flagellato da una tempesta che muove onde contro il battello dove il "nostro" duella con i pirati per accaparrarsi il medesimo reperto che era al centro dello scontro iniziale.
Spielberg è eccellente regista d'azione, qua lo dimostra ancora sfruttando dolly, camera car, carrelli oltre che capitalizzare, con inquadrature in campo lungo o efficaci incastonamenti, quanto madre natura gli mette a disposizione tra panorami mozzafiato e strutture architettoniche di valenza artistica, ma sa anche condire di interessanti venature horror il suo film, tra topi che infestano i sotterranei veneziani (sembra di rivedere le sequenze di Stallone, in Rambo, che si muove nei cunicoli infestati dai ratti) e teste decapitate che rotolano al suolo.La fotografia, meno colorata del secondo capitolo, torna a essere calibrata e naturale, facendo tesoro di fuoco e fiamme per regalare grandi scorci visivi.
Eccellenti le affascinanti scenografie, tra chiese sconsacrate veneziane, quartieri nazisti organizzati all'interno di castelli dotati di pareti mobili e cunicoli segreti che vengono azionati da leve, nonché templi giordani che proteggono, al termine di un vero e proprio campo minato superabile attraverso la decriptazione di una serie di indovinalli, la reliquia delle reliquie: il Santo Graal.
A differenza de Il Tempio Maledetto, il copione gioca su diversi personaggi e su continui colpi di scena. Lo sviluppo, quindi, non è monotematico e dimostra una più complessa organizzazione. Spielberg non riduce troppo l'ironia, talvolta sconfinante nel comico (apice costituito da Adolf Hitler che, durante una serata in cui si procede a uno dei tanti roghi dei libri messi all'indice dal regime, autografa il libretto dei due Jones, scambiando Indiana per un gerarca nazista), mentre ridimensiona le scene surreali, comunque presenti. Tra queste si noti la scena in cui Harrison Ford, per placare il volume di fuoco di un carroarmato tedesco, piazza un sasso nel cannoncino provocando, una volta esploso il colpo, il rinculo della detonazione e la deformazione del cannone (!?). Al di là di queste forzature, l'azione c'è ed è pure molta, messa al servizio di un ritmo serrato che fa sembrare il prodotto più vicino, per costruzione e gestione della sceneggiatura, ai prodotti italiani di intrattenimento degli anni settanta piuttosto che allo schema dalla tensione crescente tipico delle sceneggiature accademiche hollywoodiane. Fin dall'inizio si assiste a quello che Sergio Leone chiamava un finale, non a caso abbiamo due prologhi che fungono quasi da piccoli cortometraggi che hanno il solo ruolo di introdurre il protagonista. Inseguimenti in sella a cavallo, moto (con voli spettacolari degli stunt), incendi, carroarmati che sparano colpi, smitragliate e infine il percorso, tra insidie e risoluzioni di enigmi, che pare ricordare quei film di Hong Kong quali L'Ultima Sfida di Bruce Lee. Spielberg costruisce così un indovinato mix di azione, tensione ed evasione mentale, dove serpeggia anche qualche risata.
Le interpretazioni sono calibrate. Connery, più che uomo d'azione, diventa una macchietta che si prende beffe del figlio. "Lui è un topo di biblioteca" dice Ford, che si autodefinisce come il vero uomo d'azione. I due sono supportati dal personaggio semi-comico di Denholm Elliott (il prof. Brody), uno che si è perso persino nel suo museo e che, pertanto, si dimostrerà impacciato e confusionario. Di contro avranno la doppiogiochista professoressa Schneider (la piccante Alison Doody, anch'essa proveniente dalla saga James Bond e in futuro deludente nello sviluppo carriera), l'invasato Walter Donovan (cui da corpo Julian Glover), un americano vendutosi ai nazisti e alla caccia del Graal per conquistare la vità eterna (subirà, non essendo degno della sacra coppa, una mutazione fisica di stampo orrorifico degna degli effetti speciali di Mario Bava), oltre gli uomini agli ordini del colonnello Vogel (Michael Byrne) in campo per saccheggiare il Graal e portarlo nei musei del Fuhrer.
Notevole il montaggio sonoro (premiato con l'oscar), con la colonna sonora di John Williams che entra in azione in modo esaltante ogni volta in cui Harrison Ford riesce a ribaltare, a proprio favore, situazioni che sembravano comprometterne la sorte.
Notevole successo ai botteghini, maggiore incasso della stagione. Divertimento garantito per grandi e per piccini. Superiore di gran lunga rispetto al secondo episodio.
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