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Profumo. Storia di un assassino

Regia di Tom Tykwer vedi scheda film

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La recensione su Profumo. Storia di un assassino

di EightAndHalf
4 stelle

Un film sui sensi, ma privo dei sensi.
Fallisce il tentativo sinestetico di Tykwer, regista del bizzarro ma insulso "Lola corre", di contaminare il senso visivo e cinematografico con quello olfattivo, come a quanto pare riusciva il romanzo di Suskind nella letteratura. Il regista tedesco riesce soltanto a ricreare in un kolossal tipicamente hollywoodiano (nonostante alcune scene disturbanti) trovate al limite del kitsch e incoerenze tematiche. Se all'inizio mira a un fastidioso ricorso al disgustoso e squallido, dando a questo elemento un ruolo quasi predestinatario nella vita del protagonista (che nato dal lerciume vivrà nel lerciume per la maggior parte della sua vita), passa poi a una ripetitiva dimostrazione del potere dei sensi in contrasto con la ragione scientifica (che cerca nella maniera meno istintiva di ricreare, in questo caso, un buon profumo) e in seguito in contrasto con la fede (nel ruolo che la Chiesa va assumendo nel corso della seconda parte del film). Per il protagonista essere è uguale a sentire, e ipotizzando la divisione dell'uomo in istinto, ragione e fede, è sicuramente la prima dimensione a prevalere sulle altre. E' anche in queste tre dimensioni umane che Tykwer (e forse anche Suskind) voleva elaborare una metaforica sinestesia: la scienza per Jean-Baptiste Grenouille (l'assassino del titolo, un pedante Ben Winshaw) diventa il suo istintivo viaggio verso il piacere immenso.
Ma se è pur sempre un kolossal, allora è fin troppo debole la dimensione narrativa, inverosimile fino a livelli improponibili (l'incapacità del protagonista di emettere odori non giustifica la difficoltà del suo ritrovamento), fino a un finale che si atteggia da catarsi di un gran capolavoro, ma che ammette incoerentemente un messaggio apparentemente affascinante ma profondamente banale: l'amore (dei sensi) trionfa sull'odio (la violenza istintiva della condanna a morte). Niente a che vedere col film che lo spettatore credeva di guardare appena due ore prima, con la sporcizia e lo squallore di sgozzamenti e feti insanguinati: quella era solo ricerca dello shock travestita da ostentata originalità.
Che poi il protagonista lasci dietro di sé una scia di morte (per cui chiunque lo "possedeva" prima muore una volta che lui lo lascia) è l'unica divertita coincidenza che Tykwer è capace di proporre. Per il resto non è meno pruriginoso del suo protagonista maniaco.

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