Regia di Jonathan Dayton, Valerie Faris vedi scheda film
Realizzare un film che abbia dei contenuti ed al tempo stesso risulti divertente non è affatto una cosa facile. Divertimento e riflessione, due cose che spesso appaiono inconciliabili.
Eppure ogni tanto il miracolo riesce e nella casistica di questi “ogni tanto” rientra a pieno titolo questo Little Miss Sunshine.
La storia è quella di una famiglia piuttosto sui generis, un assemblaggio di personaggi abbastanza strani e anzi poco probabili: un nonno con problemi di tossicodipendenza, un adolescente chiuso in un ostinato mutismo che trova in Nietzsche un riferimento, uno zio di grande levatura intellettuale (è un insigne studioso di Proust) ma travolto dai propri fallimenti amorosi (si è invaghito di un suo studente che però lo ha cornificato con uno studioso rivale), un capofamiglia convinto di avere trovato il segreto del successo in una filosofia che dovrebbe trasformare i suoi accoliti in vincenti e per finire una bambina che dietro i suoi occhialoni sogna di vincere un concorso di bellezza.
Il tutto tenuto insieme da una mamma indaffarata, stressata eppure affettuosa e vero punto di riferimento per gli Hoover, ovvero la banda di originali appena descritti.
Improbabili come detto qualche riga sopra, eppure l'unione di tante “improbabilità” riesce a risultare convincente e a regalare al pubblico uno dei più divertenti ritratti di famiglia visto negli ultimi anni sullo schermo.
Merito di due registi che nella vita sono pure marito e moglie, e non si sa quanto questo elemento sia stato importante ma qualche sospetto in merito sospetto viene.
La vicenda si movimenta quando la piccola Olive si ritrova vincitrice quasi casuale di una selezione locale del concorso Little Miss Sunshine e in quanto tale ammessa alle finali nazionali.
La famiglia intera si mobilita per accompagnare l'aspirante reginetta ed è qui che la storia vira sul road-movie, raccontando le comiche (e tragiche) vicissitudini che porteranno lo strampalato gruppo, a bordo di un pulmino giallo (che più sgangherato di così è proprio difficile immaginare), ad arrivare a un passo dalla meta.
Per ritrovarsi, infine, tra le mani non una vittoria ma la consapevolezza di essere, nella loro vena di follia, una famiglia vera, a discapito di un mondo fasullo e patetico come le piccole aspiranti miss, conciate ad imitazione di quelle più adulte, in una negazione di quella semplicità che è propria dell'infanzia, travolte dalla malata ambizione di genitori frustrati.
La genuinità e la simpatica verve di Olive verranno fraintese da una giuria e da una platea offuscata da un perbenismo che copre gli occhi e impedisce di vedere quale squallore sia insito in certe esibizioni di bellezza da parte di bambine agghindate come escort in un tripudio di cattivo gusto e morbosità.
Little Miss Sunshine sembra un film semplice e invece è un lavoro di straordinaria complessità. Un ritratto spietato di una società americana ottusa ed ipocrita, ottusa come quella ideologia del “vincente a tutti i costi” che si traduce in una mancanza di rispetto per chi vive nelle proprie insicurezze. Ideologia peraltro massacrata senza riguardi attraverso la figura del capofamiglia.
Un elogio sincero dunque alla pellicola di Jonathan Deyton e Valerie Faris, supportato dall'eccellente sceneggiatura di Michael Arndt, non a caso vincitore dell'Oscar.
E a proposito di statuette, stupisce che l'altra, delle due attribuite a questo film, sia stata data ad Alan Arkin per il ruolo del nonno sniffatore di eroina ma affettuoso “coreografo” e personal trainer pe la nipotina.
Arkin è indubbiamente bravo, così come lo sono Toni Collette (Sheryl, la mamma), Greg Kinnear (Richard, il capofamiglia propugnatore della filosofia del vincente) e Paul Dano (Dwayne, adolescente di nulle parole ed alte letture), ma il personaggio più riuscito è quello dello zio Frank, interpretato da Steve Carell, semplicemente strepitoso nel ruolo del cattedratico (e aspirante suicida per amore) fallito.
Nota di merito per la la piccola Abigail Breslin nei panni della deliziosa Olive.
Si ride molto e si pensa molto. Un film che bisogna vedere.
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