Regia di Elem Klimov vedi scheda film
Tutti i popoli (forse con l'eccezione dei nomadi) sono legati alla propria terra e doversene staccare rappresenta un dolore incommensurabile. Per i Russi, popolo di contadini, questa sensazione è probabilmente amplificata, come già ci disse magistralmente Dovzenko con La terra. Figuriamoci come si sentono gli abitanti di Matiora, costretti ad abbandonare la loro isoletta, che dovrà essere sommersa dalle acque in nome del progresso. E figuriamoci come si sente Pavel Pineghin, il capovillaggio, che dovrà rendersi garante dell'applicazione delle decisioni del Soviet. Nessuno, soprattutto gli anziani, vuole abbandonare Matiora: quella è la terra che hanno sempre lavorato, lì sorgono le loro case, sotto quella terra sono sepolti i loro morti. Klimov racconta questa vicenda con animo lacerato, perché questo doveva essere il film di sua moglie Larisa Sepitko, morta dopo il primo giorno di riprese. La tragedia personale del regista acuisce quella contenuta nella materia filmica. Forse la Sepitko avrebbe realizzato un film diverso, ma anche così Klimov ha saputo darci un punto di vista originale sull'URSS degli anni Ottanta, dove ormai il progresso marciava a danno delle tradizioni più sentite, senza un vero perché.
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