Regia di Conrad Brueghel (Giovanni Brusadori) vedi scheda film
Quattro evase dirottano un autobus carico di tenniste per rifugiarsi nella villa di un giudice. Qui la strana compagnia vive ore di violenza, sfrenata lussuria, follia e disperazione.
La prigione femminile è uno dei classici espedienti narrativi del cinema di exploitation tipico di quel momento; Giovanni Brusadori - che firma la regia con il pretenzioso pseudonimo Conrad Brueghel - scrive con Bruno Fontana una sceneggiatura adeguatamente cruda e immaginifica in quanto a violenza e sesso che si inserisce benissimo nel genere e ha quantomeno il pregio di reggersi a perfezione, dal punto di vista logico, sulle proprie gambe. Gli argomenti messi in scena sono certamente pretestuosi, tirati in ballo per fare spettacolo e generare curiosità morbose insomma, ma hanno un loro perchè nel periodo degli anni di piombo (fra i personaggi c'è quello di una terrorista) e delle pagine dei giornali quotidianamente imbottiti di cronaca nera. Detto ciò, naturalmente il film è modesto sul piano estetico e la realizzazione pare sbrigativa quanto richiederebbe una pellicola espressamente destinata a un pubblico ristretto e da seconda visione, ma vince il confronto con la maggior parte dei prodottini analoghi coevi. Il cast prevede pochi nomi degni di attenzione, pur rendendo a sufficienza per il contesto, con una chiara prevalenza di attrici sugli attori e soprattutto di attrici dedite senza troppi problemi al nudo, che qui impegna gran parte della visione: Lilli Carati, Dirce (accreditata come Patrizia) Funari, Ines Pellegrini, Angela Doria, Filippo De Gara, Zora Kerova, Marina Daunia (D'Aunia sui titoli). Curiosità relativa proprio ai titoli di testa: il copione è attribuito a Fontana e Giovanni Brusatori: possibile un errore simile perfino nella titolazione? Per il regista è comunque l'opera prima e ultima della sua carriera; proseguirà sul set come interprete, fino alla fine degli anni Ottanta. 3,5/10.
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