Regia di Rudolph Maté vedi scheda film
Folgorantissimo l'inizio di questo film, considerato minore in quanto a mezzi produttivi, ma sicuramente non nella concezione e nella realizzazione: un tizio entra in una stazione di polizia di Los Angeles e chiede concitatamente di vedere con urgenza il capo della squadra omicidi. Trovatolo, sporge denuncia per un omicidio avvenuto a San Francisco la sera precedente. Quando l'ufficiale della polizia gli chiede di specificare chi sia la vittima, l'uomo risponde "me medesimo". Un gotico moderno, figlio delle atmosfere chandleriane, ma più secco e diretto, ad esempio, del "Grande sonno", oggi quasi incomprensibile. Il film di Maté, ottimo cinematografaro di origine polacca (quasi mai assurto agli onori e ai budget del cinema della serie A hollywoodiana), sembra addirittura anticipare alcune atmosfere, sinistramente stranianti, che ritroveremo, decenni dopo nel cinema di Tarantino o in un gioiellino come "I soliti sospetti" (1995). Il titolo originale del film, "D.O.A.", è una sigla che sta per dead on arrival, "morto all'arrivo", come scrivono i medici del pronto soccorso quando l'ambulanza scarica un cadavere. In italiano il titolo riproduce le iniziali della sigla originaria ("Due Ore Ancora"), anche se al protagonista non restano due ore di vita, ma due giorni. Due giorni che gli servono, se non per salvarsi, quanto meno per capire chi abbia voluto ammazzarlo e perché, e per decidersi, finalmente, di dichiarare il proprio amore alla fedele segretaria Paula. Volendo, per un attimo, uscire dalla trama in sé stessa, in ogni caso abbastanza complicata e bene congegnata dagli sceneggiatori Russell Rouse e Clarence Greene, si può forse notare come l'inizio dell'avventura del commercialista a San Francisco risenta di un'impostazione apparentemente moralistica, basata su un presupposto cinematograficamente hitchcockiano. Bigelow, infatti, si reca a San Francisco per una settimana di vacanza, con lo scopo dichiarato di divertirsi, e per questo rifiuta la compagnia che gli offre la devotissima segretaria. Le disavventure cominciano (anche se traggono origine in un episodio precedente), appunto, quando il protagonista si lascia coinvolgere nei festini organizzati dai rappresentanti, che sono a convegno proprio nel suo albergo, e poi quando, in un locale di jazz, cerca di abbordare una procace biondona. Naturalmente, il giorno dopo, se ne sono andati tutti. Questo moderno Andreuccio da Perugia (personaggio del "Decameron" di Boccaccio che subisce una disavventura notturna in quel di Napoli) avrà modo di imparare la lezione dalle sue nottatacce californiane, ma non avrà la possibilità, purtroppo per lui, di metterla a frutto. Buone le interpretazioni, specialmente dell'attore protagonista Edmond O'Brien e del mellifluo Luther Adler. Ormai desueto e, forse, da rivedere il doppiaggio italiano.
Bisognerebbe dare una riverniciata al doppiaggio italiano, o, meglio ancora, proporre una versione in lingua originale sottotitolata.
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