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Fammi male e coprimi di violenza

Regia di Martial Berthot vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fammi male e coprimi di violenza

di moonlightrosso
3 stelle

Rivisitazione in chiave ultratrash dell'"Odissea" di Omero con la protagonista "Penelope" che se la spassa con i moderni "Proci", ovverosia gli amici del marito "Ulisse"

Rivitazione ultrabizzarra dell'Odissea di Omero da parte di uno dei titoli più oscuri del cinema-bis d'Oltralpe.

Ambientato in un'isola facente parte dell'Arcipelago di Glenan, situato a Nord della Bretagna, la bella Penelope (Janine Reynaud) gestisce una piccola locanda attendendo il ritorno del marito Ulisse, capo della comunità, andato a pescare, come ogni anno, al largo delle coste di Dakkar. Non essendo un esempio di specchiata fedeltà, a differenza della sua omònima del poema omerico, la nostra trascorre buona parte del tempo concedendosi ai locali "Proci", ovverosia ai pescatori amici del marito. Sull'isola giunge all'improvviso Typhaine (Philippe Gastè), a causa di un incidente occorso alla barca a vela da lui condotta con a bordo la giovane Eunice, procace figliuola del suo datore di lavoro, con l'amica Pamela. Mentre Typhaine sarà sedotto da Penelope, le due ragazze, dopo essersi trastullate in rapporti saffici, perderanno la verginità proprio con gli abitanti del luogo, cedendo altresì e senza ritegno alcuno, a libagioni e orge con tutti i personaggi della sgangherata vicenda. L'arrivo anzitempo di Ulisse, che approderà alla sua "Itaca" per generare un figlio che vorrebbe chiamare Telemaco (sic!), unito alla partenza di Typhaine, spingeranno Penelope a confessare il tradimento; tradimento che verrà negato e rifiutato concettualmente da Ulisse, in omaggio a una visione gioiosa e libertaria della natura e dei rapporti umani.

Presentato con un titolo assolutamente fuorviante coniato per il mercato italiano, il semisconosciuto Martial Berthot, abituale ispettore di produzione, stravolge con questa sua unica opera registica il poema di Omero per adattarlo alle coeve istanze di libertà sessuale, prodromiche e preparatrici di un "hard core" che prenderà piede di lì a qualche anno. Purtroppo, una direzione sciatta e insipiente, totalmente incapace di risaltare psicologie e personaggi, un'interpretazione dilettantesca e un copione raffazzonato, non riescono a evitare un prodotto sostanzialmente becero in cui la donna rimane ingabbiata nella solita ottica machista e troglodita come facilona beota pronta a concedersi "al primo che passa".

Il finto lirismo dei dialoghi ultradeliranti e sopra le righe "alla moda di Polselli" contribuiscono inoltre non poco a far sprofondare l'intera vicenda nella più totale ridicolaggine.

Nonostante le velleità intellettualitiche vadano presto a farsi benedire, il film rimane comunque degno di nota come epifania di tutti quei topoi del cinema ultraminore ed exploitante dell'epoca, piacevolmente sorretta da un montaggio anarcoide e dalle atmosfere invernali e quasi bergmaniane dell'isola di Glenan.

Sul versante interpretativo lo spettatore rimarrà letteralmente rapito dalla prorompente e maliziosa fisicità della "milfissima" Janine Reynaud (recentemente scomparsa), che nonostante i quarant'anni suonati, si dimostra ancora in grado di distanziare anni luce, quanto a presenza scenica e a carica di sensualità, le altre due sconosciute sciacquette presenti nel cast.

Con grande giubilo per tutti noi adoratori del brutto, i restanti carneadi, nella loro deliziosa incapacità. ci regalano invece non pochi  momenti di imperdibile e sublime trash.

Su tutto e su tutti la testè citata "prima volta" delle due verginelle, che respinte dal fascinoso Typhaine, ormai soggiogato dalla maggiore esperienza di Penelope, finiranno per esser deflorate da due personaggi in grado di entrare prepotentemente nell'olimpo del weird: la miliardaria Eunice troverà l'amore con un improbabile cacciatore di conigli, capace di centrare una preda sparando senza neanche guardare, in guisa del peggior Sartana di batzelliana memoria. La virginale Pamela si concederà invece al vecchio Asmodèè, un marinaio dal fisico ultraributtante, coi denti marci e i piedi puzzolenti, che non può non richiamare alle nostre menti di inguaribili esteti dell'orrido quell'hardista per caso che fu il compianto Piero Pieri o uno di quei figuri coniati da Ciprì e Maresco per l'indimenticata trasmissione televisiva "Cinico TV".

Un cast imbarazzante e improponibile ma in grado, in quanto tale, di farci sopportare la noia mortale altrimenti inevitabile dell'unica ambientazione sull'isola e dei suoi quattro personaggi in croce.

Tra questi segnalerei anche l'altrettanto laido guardiano del faro, che si dimentica di accendere il detto faro mentre concupisce la disponibile Penelope e che causerà il danno alla barca di Typhaine. Il clone del compianto Franco Gatti dei "Ricchi e Poveri" nella parte dell'unico marinaio sfigato respinto dalla stessa Penelope e al quale non rimane altro che pregare la Madonna nella speranza d'un coito (vedere per credere!!). Ciò senza dimenticare il tal Sean O' Neill nel ruolo del corpulento Ulisse. Punto di riferimento del microcosmo di pescatori e leader indiscusso della compagnia, esprimerà nello straniante finale la sua strampalata filosofia di vita. Quasi acquiescente al comportamento a dir poco libertino della moglie apparirà allo spettatore medio nulla più che un babbione dabbene e in ogni caso cornuto come un cervo.

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