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Incompreso. Vita col figlio

Regia di Luigi Comencini vedi scheda film

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La recensione su Incompreso. Vita col figlio

di steno79
8 stelle

Un classico del melodramma strappalacrime, diretto con molto pudore e garbo da un Comencini in ottima forma. Il film è tratto da un romanzo della scrittrice inglese Florence Montgomery che lessi anch’io durante la mia infanzia, e pur con vari accorgimenti legati al cambio di ambientazione (la storia originale si svolgeva in Inghilterra nel XIX secolo), le dinamiche della trama sono rimaste le stesse. Al centro della vicenda un console inglese a Firenze rimasto prematuramente vedovo con due figli a carico, di cui trascura il primo, in realtà molto bisognoso delle sue attenzioni e del suo affetto, e vizia un po’ troppo il secondo, una piccola peste capace di combinare solo guai a catena, anche se il padre tende a prendersela, puntualmente, con il primogenito. Una delle migliori qualità del film è quella di aver posto al centro della scena due bambini credibili, osservati dall’occhio della cinepresa nei loro rituali quotidiani, nei loro giochi, ma per quanto riguarda Andrea anche nel suo disperato tentativo di stabilire una comunicazione autentica col padre, tentativo destinato continuamente a fallire, tranne nel tragico finale. La figura del padre, dal canto suo, funziona perché non è mai caratterizzata come un classico “cattivo”, ma semplicemente come un uomo sofferente per la morte della moglie che si trova impreparato a gestire la responsabilità di crescere da solo due figli e commette una serie di errori, più per superficialità che per cattiveria. Il contributo degli attori risulta importante, così come l’attenta direzione del regista: Anthony Quayle è assai misurato e convincente nel ruolo del console, i due bambini sono bravi, in particolare Stefano Colagrande nel ruolo di Andrea, un’interpretazione sensibile e ricca di sfumature da annoverare fra le migliori interpretazioni di un attore bambino del cinema italiano (in seguito Colagrande ha abbandonato completamente lo schermo per dedicarsi alla professione di medico). Certo, soprattutto nell’ultima parte è inevitabile che lo spettatore si sciolga in lacrime, ma mi sembra che Comencini abbia sempre rispettato i limiti del buon gusto e della sensibilità di un autentico “cinema popolare” che oggi non esiste più; rispetto ad altri film analoghi di quegli anni che puntarono sul patetismo come “Love story”, “Incompreso” ne esce vincente. Da menzionare la fotografia di Armando Nannuzzi vincitrice di un Nastro d’Argento e la colonna sonora di Fiorenzo Carpi, con un ricorrente tema musicale impregnato di malinconia che contribuisce molto all’atmosfera piuttosto triste di diverse sequenze; per contrasto, però, la scena della gita in bicicletta a Firenze per comprare il regalo di compleanno al padre è commentata da una musica molto allegra e vivace, sempre perfettamente funzionale. Insieme a “Le avventure di Pinocchio” resta il più bel film sull’infanzia del regista, bravo quasi come Truffaut a descriverci gioie e dolori di quel periodo fondamentale della vita di una persona.

Voto 8/10

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