Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film
«Ti va di andare al cinema?», chiede un’annoiata Jane March (Leda) al marito Alceo (!). Lui: «Che film?». Lei: «Uno che i critici hanno fatto a pezzi. Quindi sarà un buon film». Lui: «I critici sono persone molto frustrate. Tu non credi?». Il dialogo è tratto da una scena di Il mercante di pietre e non c’entra nulla con il film. Renzo Martinelli mette le mani avanti perché in cuor suo sa che quel film è proprio Il mercante di pietre, impossibile da salvare. Non tanto per il tema (un cattolico si converte all’Islam e diventa un terrorista, ma al momento dell’attentato s’innamora di una «colomba bianca»...), quanto per la messa in scena e lo sguardo cinematografico, davvero pornografici. Il regista non ci risparmia nulla: ralenti e improvvise accelerazioni assolutamente gratuiti, dialoghi insostenibili, direzione degli attori pessima. Dovrebbe essere, quest’opera di propaganda populista, ideologicamente ambigua e un tantino razzista, un “pamphlet” («grande cinema internazionale», l’ha definito Pascal Vicedomini in una puntata di Off Hollywood...) che mette l’accento sull’attualissimo conflitto tra le civiltà occidentali e musulmane, affidato al solito parterre di attori validi per tutte le stagioni, dal prezzemolo Murray Abraham all’ex ragazzina dell’Amante March via via fino a un Harvey Keitel che getta il suo talento per un pugno di dollari. E invece è un proclama, rancoroso e superficiale, che pare commissionato dal leghista Calderoli. Un esempio di politica scorretta, che per arrivare al suo scopo usa colpi dalla cintura in giù.
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