Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film
Cineasta che si e' sempre un po' vantato di essere controcorrente e non allineato al "politicamente-corretto" tanto da dichiarare di andare in giro armato per difendersi da terroristi rossi ed estremisti islamici, il brianzolo Renzo Martinelli ha cercato sempre di cimentarsi in quello che viene etichettato come "cinema di impegno civile". IL MERCANTE DI PIETRE (primo film di Martinelli che vedo per intero) tratta lo scottante tema del terrorismo di matrice islamica, che dopo l'attentato del 2001 alle torri gemelle ha mandato in paranoia la stragrande maggioranza della popolazione occidentale. Ci e' voluta una pandemia e la guerra in Ucraina per farcelo dimenticare, almeno parzialmente. Sul versante ideologico la pellicola di Martinelli risulta alquanto ambigua: sembra che il giovane docente costretto sulla sedia a rotelle e affetto da "Islamofobia" rispecchi perfettamente le opinioni del regista, con una feroce critica all'intera fede mussulmana caratterizzata da video (probabilmente originalissimi) di lapidazioni ed amputazioni. Il tutto dunque trattato con una superficialità e un pressappochismo tipico di una certa classe politica italiana. Il giovane docente "anti-islamico" ha perso anni prima entrambe le gambe in un attentato terroristico in Kenia, nell'immediato presente la sua giovane moglie viene presa invece in ostaggio da un estremista islamico, venendo salvata in extremis da un agente dell'anti-terrorismo. Per distrarsi i due decidono di passare una settimana nientemeno che in Turchia. Sul versante della messa in scena IL MERCANTE DI PIETRE si affida a uno stile da fiction tipicamente nostrano, non senza cercare di imitare (ahimè, molto male) uno stile molto americanizzante nelle riprese e nel montaggio, inclusi i soliti inutili rallenty, come nella scena iniziale della sparatoria all'aereoporto (anche se una turista straniera chiede da dove parte il treno per Civitavecchia). Situazioni assurde e paradossali (i due killer islamici che cercano di uccidere il docente in casa sua), dialoghi elementari (con i due agenti dell'anti-terrorismo e il direttore de Il Messaggero). Finale scontato e telefonatissimo, con la più brutta esplosione mai vista realizzata al computer. I due grandi attori americani presenti (Harvey Keitel e F.Murrahay Abraham, quest'ultimo in versione imam jiadhista) si limitano a seguire le direttive senza fare troppe domande. Pellicola non così orribile come viene descritta da alcuni, ma terminato il film viene da sbadigliare e dimenticare il tutto molto facilmente.
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