Regia di Michael Winterbottom, Mat Whitecross vedi scheda film
Oggetto cinepolitico che racconta uno dei più clamorosi errori giudiziari degli ultimi anni, celebre in Gran Bretagna come il caso dei Tipton Three. Tre inglesi di origine pakistana vanno nella terra dei padri per festeggiare un matrimonio e poi, per stupido spirito d’avventura, sconfinano nel vicino Afghanistan proprio mentre gli alleati dichiarano guerra ai talebani nell’immediatezza del dopo-11 Settembre. Arrestati, torchiati, maltrattati e infine sbattuti nel carcere della Cia di Guantanamo, i tre saranno completamente scagionati solo nel 2004. La vicenda è di suo emotivamente forte. Nelle mani di Michael Winterbottom, incapace di qualunque drammaturgia, riesce però a strappare qualche sbadiglio di noia. Un po’ per la troppa voglia di denunciare, di prendere posizione, di farci capire - e non ce n’è bisogno - che solo con un taglio ideologico si può fare della cronaca attraverso il cinema, e un po’ per mancanza di coraggio. Un cineasta sicuro di sé non avrebbe avuto bisogno di mescolare i veri tre di Tipton con gli attori che li interpretano, appesantendo la narrazione. The Road to Guantanamo dimostra una volta di più come il cinema occidentale stia perdendo la capacità di raccontare anche quando ha tra le mani la storia più incandescente del mondo. E viene davvero voglia di rivalutare cose come Fuga di mezzanotte: almeno in quel caso, pur con tutti i distinguo sulla morbosità dei pugni nello stomaco, non si sottolineava ogni due minuti che tutto è vero e si sta facendo della denuncia sociale. L’artificiosità ricattatoria di The Road to Guantanamo è per chi scrive l’anticinema per eccellenza.
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