Regia di Vladimir Bortko vedi scheda film
Si ride a denti stretti per questo racconto fedele al testo originale, aggiornando le notazioni ideologiche nello scontro tra le velleità positivistiche di una borghesia progressista e illuminata con l'ottusità di un apparato burocratico di Rossi perdigiorno in grado di pervertirle nell'aberrante ibridazione culturale di un piccolo mostro di regime
L'incredibile trasformazione del cane randagio Sharik nel volgare e indottrinato bolscevico Poligraf Poligrafovich, pone non pochi problemi all'illustre ed attempato professor Preobrazhensky. Quando la carriera dell'ex miglior amico dell'uomo prende la pericolosa china di qualunque piccolo e rapace funzionario pubblico, al fisiologo non resta che tornare precipitosamente sui suoi passi.
Adattamento televisivo in due parti del celebre racconto di Bulgakov, il film di Vladimir Bortko oltre ad inaugurare i suoi cimenti a tema (Taras Bulba, Il Maestro e Margherita, L'Idiota) è anche e soprattutto l'apripista di una serie di versioni cinematografiche russe nel periodo post sovietico che ripercorre per immagini una lunga tradizione letteraria ormai libera dal giogo ideologico e della censura di regime. Girato in un significativo bianco e nero virato al seppia ed avvalendosi di una messa in scena teatrale che ricapitola fedelmente gli atti della narrazione del medico e drammaturgo ucraino, questo romanzo sceneggiato si prende ben poche licenze rispetto alla matrice originale del racconto (la simpatia amorosa di Bormental con la segretaria descritta nell'incipit, la coincidenza di quest'ultima con l'ingenua ragazza circuita da Pallinov, la scena della presentazione accademica della scoperta di Preobrazhensky e lo spettacolo circense cui assistono i primi due uomini) e solo per rendere più organica una narrazione che deve raggiungere le due ore di girato, avendo il merito fondamentale di imbroccare un difficile registro sospeso tra caustica satira politica ed amara riflessione esistenziale sulla natura dell'uomo quale animale sensiente dilaniato da passioni contraddittorie. Va da sè che la hybris del demiurgo Preobrazhensky (con cui lo stesso Bulgakov in fondo si identificava; telefonata col baffone inclusa!), come pure quella del Persikov di Uova Fatali (che pure compare in un cameo in questo racconto di poco successivo), è solo l'innesco a tema fantascientifico di una situazione paradossale che vuole parodiare le coercizioni pedagogiche del regime ai tempi della NEP e la sua volontà di ricreare dalla materia informe di un homunculus appena generato dal trapianto pituitario, quell'uomo nuovo che si sarebbe rivelato nè più nè meno del farabutto rubagalline da cui erano stati prelevati gli organi (gonadi incluse) con in più il piccolo e meschino potere delatorio del sottosegretario di sezione di un ex cane arrivista promosso a raccattagatti moscovita. Si ride insomma a denti stretti per questo racconto che fa della fedeltà filologica al testo originale (casting, azzeccatissimo, compreso) la sua fondamentale scelta stilistica, aggiornando le notazioni ideologiche nello scontro tra involontari raccomandati staliniani e volontari persecutori trotskisti, tra le velleità positivistiche di una borghesia progressista e illuminata (cui lo stesso,come Bianco, sentiva di appartenere) con l'ottusità di un apparato burocratico di (coristi) Rossi perdigiorno in grado di pervertirle nell'aberrante ibridazione culturale di un piccolo mostro di regime, di quelli insomma in grado di farti fare una decina al Gulag o di posticipare la pubblicazione della maggior parte della tua produzione letteraria a vent'anni e passa dalla tua prematura dipartita. A riconferma del legame speciale di quest'opera di Bulgakov con l'Italia (oltre alla prima pubblicazione mondiale del '67 per i tipi di De Donato ed al film di Lattuada del '75), il film di Bortko si aggiudica il Prix Italia 1989 per la fiction.
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