Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film
Esteticamente è un film molto brutto. Ad onor del vero, a parte sporadiche occasioni, Lina Wertmuller non è mai stata una grande regista. In questo caso eccede in primi piani, lascia gigioneggiare le sue star, non di rado è banale, qualche volta calca troppo. Per di più è fotografato da cani, roba da film porno anni ottanta. Però il film, nel suo involontario kitsch, ha una sua ragione d’esistere per una serie di fattori inconsueti. Innanzitutto il coraggio, poco italiano, di affrontare un tema pesante come la paura dell’AIDS (non essendo ancora nato in quel periodo non so se quella effettivamente psicosi fu così, ma poco importa).
Poi l’ingaggio di attori internazionali, che nonostante la svogliatezza conferiscono un certo fascino all’opera: la parata di divi comprende Rutger Hauer (le cui spalle sostengono l’intera pellicola), Nastassja Kinski (doppiata in maniera irritante), Faye Dunaway (già fantasma dei suoi giorni migliori) e le comparsate di Peter O’Toole, Domenique Sanda e Lorainne Bracco. E infine gli Avion Travel impegnati con partiture molto wertmulleriane (non a caso il gruppo è influenzato da Paolo Conte, occasionale compositore di alcuni film della regista). Scritto (male) dalla Wertmuller senza particolari guizzi, è un melodramma didascalico e didattico, barocco ed enfatico, eppure intrigante e coinvolgente per motivi misteriosi che riguardano più ciò che sta dentro la storia che quello che sta in superficie.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta