Regia di Nicholas Meyer vedi scheda film
Nell' India coloniale ed esotica del 1825, la pericolosa avventura di un funzionario britannico alle prese con le insidie della giungla e i culti cruenti dei "tuhgs" nel nome della dea Kali.
La caccia alla tigre è affascinante e spietata, e apre con suggestive immagini di costumi variopinti e scenari che soltanto l'India ancora racchiude gelosamente, questo film ambientato nel 1825.
Prodotto da "Merchant- Ivory Production Inc." il film è stato osteggiato dalle autorità indiane ancor prima dell'inizio delle riprese, per motivi politici e per complicazioni burocratico-legali, nonostante Ismail Marchant fosse nato a Bombay, nel 1936, in una ricca famiglia musulmana.
Determinato a realizzarsi fuori dalla sua terra d'origine, si trasferì negli Stati Uniti per dedicarsi alla produzione cinematografica, e l'incontro con Ivory, nel 1962, segnò l'inizio di una stagione profiqua, improntata alla qualità dei film prodotti: "Shakerspeare Wallah" - "The guru" - "Party selvaggio" - "Quartet" - "Calore e polvere" - "Camera con vista" - "I bostoniani" - "Maurice" e tanti altri successi.
Per la produzione di "The Deceivers" furono spesi 6 milioni di dollari, cifra di tutto rispetto e ben investita, visto il risultato spettacolare della pellicola.
Ben diverso il travaglio che ha accompagnato la lavorazione del film, i mandati di arresto per il produttore e il coproduttore Tim Van Rellim, e la minaccia di anni di soggiorno nelle prigioni indiane.
Il tutto perchè Merchant viene accusato di volere rappresentare una visione distorta della cultura e della religione hindu, e di sostenere ed esaltare la pratica del "sati", che consisteva nell'autodafe delle donne rimaste vedove.
L'accusa era infondata, perchè la suddetta pratica era stata proibita, e l'ultimo episodio era avvenuto prima che la troupe arrivasse in India, nel piccolo villaggio di Deorala, distante 65 chilometri da Jaipur, dove una vedova diciottenne aveva compiuto il "sati".
Operatori politici e culturali molto potenti, avversi a Merchant per motivi facilmente intuibili, accusarono la produzione di dissacrazione di una foresta, di violazione della legge per la protezione di flora e fauna selvatica e di installazione di impianti elettrici in zone rurali.
Inoltre, produttore e coproduttore furono accusati di pornografia e violazione dell'ordine pubblico.
Davanti a tanta cattiveria e odio intellettuale, passarono in secondo piano i faticosi trasporti di elefanti, buoi, asini, cavalli e comparse attraverso il deserto del Rajasthan, e le insidie, nella giungla di Khajuraho, da parte di scorpioni, ragni velenosi, serpenti e scimmie molto aggressive.
Quando sembrava che la produzione fosse destinata a essere bloccata, il tribunale concesse a Merchant una dispensa speciale e la libertà provvisoria sotto cauzione, che gli consentì di ultimare il film e di ritornare a New York.
Conclusasi con una assoluzione piena, la vicenda fu pubblicamente condannata dal giudice, che accusò l'apparato giudiziario di avere permesso alla parte civile di insistere nella sua ostinata persecuzione con palese abuso del sistema legale indiano.
Il film, che deve molto alla ottima fotografia di Walter Lassally e ai costumi di Jenny Beavan e John Bright, è liberamente ispirato alle vicende di un personaggio realmente vissuto, William Sleeman, membro della polizia politica coloniale, scopritore e distruttore di "thuggee".
Dal romanzo omonimo di John Masters, il film narra di un funzionario britannico, William Savage (Pierce Brosnan), appena convolato a nozze con Sarah Wilson (Helena Mitchell), che si traveste da indiano per assumere l'identità di un certo Gopal, di mestiere tessitore.
Scomparso da mesi, sua moglie è decisa a lasciarsi bruciare viva, secondo la tradizione hindu del "sati".
Savage fa una fugace apparizione poco prima che l'autodafe abbia inizio, e la donna si salva dal rogo, avendo visto il marito e pensando che egli sia costretto a nascondersi.
Mentre fa rientro al villaggio, Savage assiste ad un assaldo dei thugs che strangolano una inerme comitiva di viaggiatori.
Turbato e incuriosito, Savage si informa sulle pratiche religiose dei "thuggee" (in hindi significa "deceivers", gli "ingannatori").
Scopre che i membri della setta erano dediti ad assassinii e rapine in nome della dea Kali.
Savage si cala nuovamente nei panni di Gopal, per combattere il male, ma viene a sua volta avviluppato in quel misterioso universo di superstizioni, riti e morte.
Si rende conto che tutta la società indiana è contaminata e avvulsa in quel culto, dove l'omicidio finisce per essere estasi e fratellanza di sangue tra i deceivers.
Savage si imbatte in Gopal e lo uccide, ma prima di ritornare dalla sua sposa, deve affrontare mille vicissitudini, viene smascherato e sfugge in modo rocambolesco alla morte.
Resterà segnato per sempre da quella tenebrosa avventura.
Epilogo amaro per la moglie di Gopal, che compie il "sati".
Dovranno passare altri vent'anni prima della definitiva estirpazione del culto omicida della dea Kali.
Buona prova di Pierce Brosnan e ottimo cast, comprendente Helena Mitchell, Saeed Jaffrey, Shashi Kapoor, Keith Michell e David Robb.
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