Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film
Meditazione attraverso il Cinema e le Immagini. Tramite lo spirito del regista.
Syndromes and a Century è il lavoro più meditazionale di Weerasethakul.
Non solo: è anche il film più elusivo e commemorativo del regista thailandese, e, proprio per quest'ultimo aspetto, potrebbe essere definito il suo lungometraggio più intimo e personale, nonché il più importante (e necessario). Insomma, come se, in un certo senso, Syndromes and a Century fosse il Post Tenebras Lux thailandese, che, più che mai, in maniera velata e pressoché subliminale, confonde realtà, sogno e ricordo in modo quasi lynchiano.
Lo spettatore ha un ruolo attivo, perché diventa parte integrante o, meglio, complementare delle immagini, dando un senso, anzi, un valore ad esse. Per assurdo, in questo caso e a differenza di altre pellicole del filmmaker nato a Bangkok, non è la visione che riempie lo spettatore, ma è lo spettatore che riempie la visione.
E verso il finale, i fantasmi, i ricordi e la storia vengono risucchiati da una sorta di eclissi asettica, da questo oblio tecnologico, da questo monolito nero smussato. Ed è ecco che il viaggio - la vita - può proseguire. Tutto il Cinema di Weerasethakul converge qua, in questa sequenza, in questa moderna voragine mnemonica. Di tutta la sua filmografia, la suddetta sequenza è la preferita del sottoscritto, insieme al finale di Mekong Hotel, che, in un certo qual modo, potrebbe essere vista come la liberazione memorativa, ma anche visuale, di tutto ciò che è stato assorbito - quindi pure "imprigionato" - dal tubo relativo alla sopracitata scena presente in Syndromes and a Century.
[8½ su 10]
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