Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Nevica, nevica incessantemente, anche nelle sfumature tra un quadro e un altro, nelle proiezioni reali eppure in qualche modo oniriche di una quotidianità semplice e che non necessita di troppe fantasticherie. Nella sua dimensione originaria teatrale, ben evidente in alcune sequenze ma non per questo invadente o disturbante, il fresco e delicato affresco sentimentale del canuto Alain Resnais ha il tocco lieve del racconto invernale, muove la macchina da presa con una grazia, un’eleganza, una fluidità che non è solo sinonimo di esperienza, ma soprattutto di leggerezza, che è una cosa molto impegnativa se non l’hai imparata con la vita.
Parla di vita, Cuori, essenziale titolo che sintetizza il più prolisso Private Fears in Pubblic Places della commedia originale a cui si ispira in modo talmente efficace da risultare perfino dirompente nella sua semplicità. E parlando di vita, trattando dell’argomento più oscenamente nascosto dalla maggioranza degli esseri umani, la solitudine, Resnais non si interessa a rassicurare o a consolare, aggrappandosi alla fede precaria per individuare un senso a questa storia (espressa dalla sfaccettata Charlotte di Sabine Azéma, timorata di Dio con inclinazioni pseudo pornografiche, probabilmente dettate dalla solitudine stessa): rappresenta, con classe ed armonia, accantonando i buoni sentimenti che può suggerire la neve, i piccoli disastri esistenziali di sei personaggi inquieti, destreggiandosi amabilmente tra le macerie sentimentali messe in scena, affidandosi al direttore della fotografia Eric Gautier, magistrale nel sottolineare gli stati d’animo dei luoghi, e ad una squadra d’attori in stato di grazia
Laura Morante che manda all’aria il proprio matrimonio con Lambert Wilson, il quale un annuncio sul giornale per cuori solitari a cui risponde Isabelle Carré; André Dussolier, immobiliarista che abita assieme alla sorella Carré, che s’invaghisce dell’ambigua Azéma; Pierre Arditi, barman in un albergo di lusso, che serve sempre un doppio scotch a Wilson e ha affidato il malato e nevrotico padre alle cure della badante occasionale Azéma: tutti bravissimi, ma se proprio dobbiamo esprimere una preferenza, direi che Arditi è stupendo nel suo ruolo di malinconico e distinto cuore in inverno che ha delegato la sua vita all’assenza di pensarci.
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