Regia di Dino Risi vedi scheda film
Per Risi, in questo paese non è mai stato tempo d’eroi: come dice il medico legale al giudice, “il popolo italiano, in nome del quale pronunciate le vostre sentenze, non merita nulla”. Ne è la perfetta dimostrazione il fatto che vi può prosperare un individuo come l’ing. Santenocito, facendo i suoi affari sporchi in barba alla legge. Quando un giudice integerrimo inizia a sospettarlo della morte di una ragazza che si prostituiva e che lui conosceva, per uscirne le prova tutte: prima le cattive (fa internare in manicomio il padre per evitare che testimoni contro di lui), poi le buone (cerca di blandire il giudice inventandosi una loro conoscenza di infanzia). Per incastrarlo il giudice dovrà venire meno ai propri principi, nella terribile sequenza finale con le strade invase da tifosi di calcio che sfogano la loro bestialità (e si era solo nel 1971, gli stadi non erano ancora diventati i campi di battaglia che sono oggi): di fronte a tanta violenza impunita, deciderà che l’applicazione letterale della legge non basta più. La coppia di duellanti Gassman-Tognazzi (diretta per la terza volta da Risi, dopo I mostri e La marcia su Roma) forma qui due facce della stessa medaglia: il secondo riesce a vincere solo al di fuori della legge, ricorrendo quindi agli stessi metodi dell’avversario. Ciò detto, al suo posto mi sarei comportato esattamente come lui, e senza nessun senso di colpa (lo ammetto, sono un giustizialista).
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