Regia di Satoshi Kon vedi scheda film
Giappone: in un ipotetico prossimo futuro un gruppo di studiosi composto da psicologi e scienziati ha ideato la DC-Mini, ovvero la chiave scientifica che apre le porte dei sogni, un macchinario che permette di registrarli e di entrare in contatto con il subconscio di chi vi si sottopone. Una tecnica rivoluzionaria, ancora in fase di messa a punto, che si vorrebbe utilizzare per scopi terapeutici. Ad inventarla è stato Tokita, un cervellone corpulento definito "il genio bambino" per via della sua aria bonaria ed ingenua, che lavora alle dipendenze di Chiba, un'analista giovane e dotata ma totalmente assorbita dal lavoro, e di Shima, l'anziano direttore. Ma quando scoprono che alcuni esemplari della DC-Mini sono stati rubati, i tre, coadiuvati dal detective Konakawa, sono costretti ad indagare per scoprire in fretta l'identità del malfattore che, nel frattempo, la sta utilizzando per entrare nelle menti di alcuni membri del team, mettendo i loro sogni a contatto con quelli di altri e generando una sorta di sogno di gruppo dagli effetti potenzialmente devastanti. Per uscire dalla delicata situazione avranno bisogno di Paprika, alter ego onirico di Chiba, misteriosa ed intrigante dottoressa dei sogni già esperta conoscitrice del prezioso congegno.
Paprika è un'allucinazione collettiva, un'opera visionaria, impossibile da descrivere o raccontare, che mette in scena i sogni e dei sogni fa propri gli eccessi e le contraddizioni; un cartoon dall'enorme impatto visivo che allo spettatore chiede di lasciarsi andare e partecipare passivamente al delirio, un delirio in cui realtà ed immaginazione flirtano e si fondono, e di cui è (solo) un (as)saggio la straniante sequenza d'apertura in cui vediamo il detective che, immerso nel proprio sogno, prima assiste dagli spalti ad uno spettacolo circense alla ricerca di qualcuno, poi lo trova, e scopre che quel qualcuno è sé stesso e sta sul palco chiuso in una gabbia al posto del leone: seguiamo quindi la fuga del prigioniero, braccato da un nugolo di altri sé di ambo i sessi, poi, tornato detective, lo scopriamo su una liana a fare Tarzan, e da lì sul vagone di un treno nel pieno di una colluttazione (con sé stesso), infine in un lungo corridoio alle prese con un cadavere che fluttua a mezz'aria. Insomma, un incubo interminabile concentrato in 3 minuti. Questo è il registro e questi sono i ritmi, indiavolati ed esasperati, forse anche troppo perché il film possa essere assimiliato in un'unica visione (a tal proposito: un minutaggio un po' più corposo non avrebbe guastato). Paprika sottopone ad un bombardamento sensoriale, propone punti di vista irrazionali arrivando a sovrapporli attraverso un lavoro di accumulo che affascina e al contempo stordisce. Ci si trova così introiettati in una dimensione onirica in cui non solo ogni sogno si mescola inscindibilmente con la realtà, ma, come una sorta di virus, si espande agganciandosi ad altri sogni, sommandosi ad essi, e generando una vera e propria epidemia, un'irrealtà parallela dalla quale districarsi è pressoché impossibile, e dove, anzi, ci si trova ben presto costretti ad accantonare il comune concetto di linearità.
Nucleo del film è dunque, più ancora del cervellotico intreccio, il modo assolutamente originale con cui il regista lo mette in immagini: Paprika è nonsense animato, è un viaggio colorato in un universo altro fatto di percezioni e istinto puro, i cui personaggi agiscono e si relazionano al di là da convenzioni e regole di sorta, e lo alimentano con l'immagine decriptata del proprio Sé autentico. L'animazione di Satoshi è velocissima, carica di toni e oltremodo luminosa, l'immaginazione è vivida, il ritmo convulso. Ma, in questo tripudio di gesti e parole in libertà (è tanto fantasiosa assurda e variegata la messinscena quanto sono spassosi i deliri verbali dei soggetti imprigionati nei loro sogni), il regista non perde mai di vista il lato umano dei singoli personaggi, tutti perfettamente definiti, tridimensionali e pronti a crescere ed arricchirsi nel corso di questa incredibile esperienza: vedasi la scoperta dei sentimenti da parte dell'algida Chiba, o il rapporto conflittuale del detective Konakawa con il cinema. Già, perché Paprika è anche operazione cinefila, in cui l'autore, oltre a citare sé stesso nell'ultima scena, distribuisce riferimenti al cinema occidentale, omaggiando platealmente il Kubrick di Shining nelle scene del bar.
Presentato in concorso, nel 2006, alla Mostra del Cinema di Venezia, quello di Satoshi (stroncato da un male incurabile all'età di 46 anni, autore anche di Perfect Blue, Millennium Actress e Tokyo Godfathers) è un film stratificato ed anarchico, enigmatico e contorto, adulto e violento, che investe con la propria potenza ma si scopre poco a poco, travolgendo lo spettatore con sequenze di caleidoscopica follia ma inducendolo al contempo a pianificare nuove visioni necessarie a catturare uno spettro sempre più ampio di sfumature che altrimenti andrebbero perdute.
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