Regia di Luigi Magni vedi scheda film
Punto d’arrivo della carriera orgogliosamente coerente di Luigi Magni, fa parte di una sorta di commedia umana sulla Roma papalina aperta da Nell’anno del Signore (che a posteriore è una sorta di ouverture) e chiusa da In nome del popolo sovrano (con cui condivide la coralità e l’ambizione all’opera-mondo). Benché abbia a che fare con un giudice gesuita della Sacra Consulta, Magni non rinuncia ad inserire il suo protagonista in un contesto buffonesco, complici i duetti col perpetuo fedele e bonaccione (Carlo Bagno premiato col Nastro d’Argento), quasi a voler sottolineare l’indole complessa di questo cardinale indolente e tormentato, popolano ed aristocratico, padre biologico e padre spirituale. Affresco fosco sulla decadenza della Curia romana (siamo alle ultime battute dello Stato pontificio), depurato del fustigatore Pasquino e in qualche modo anche del popolo, rappresentato attraverso le funzionali figure dei rivoluzionari come istanze collettive di un malessere diffuso, è il racconto disincantato veicolato da un insider all’interno delle contraddizioni (chi siamo noi per mandare a morte qualcuno? se siamo in guerra come ci comportiamo?) e nelle tenebre del clero (il generale gesuita o “papa nero” del luciferino e magnifico Salvo Randone). Corso sulle note del fedele Armando Trovajoli (sui titoli di testa c’è il presagio della Bandiera tricolore), è abitato da un meraviglioso Nino Manfredi in stato di grazia, che almeno nella sequenza del processo merita applausi a scena aperta.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta