Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film
Il mondo comincia a morire il 16 novembre del 2027, il giorno in cui muore l'ultimo ragazzo della Terra, un diciannovenne. Da quando lui è stato generato nessuna donna è più rimasta incinta. In una Londra ancora riconoscibile, ma grigia, desolata, percorsa da gente che va in fretta e che si evita e dai militari che danno la caccia alle masse di immigrati che sbarcano sulle coste inglesi e ai dissidenti, un uomo disilluso, una donna che è stata sua compagna e un gruppo di attivisti cercano di far raggiungere la costa a una giovane di colore che deve fuggire. Il protagonista, Theo, non crede più in niente, lavora per denaro, ed è attraverso il suo disincanto che entriamo piano piano nella storia di I figli degli uomini, bella fantascienza apocalittica tratta da un insolito romanzo di P.D. James e diretta da Alfonso Cuarón con un esplicito taglio "realistico" che rende la vicenda ancora più inquietante e attuale. Riprese dal vero, molta macchina a mano, un uso studiato del piano sequenza, che culmina nel lungo esercizio di bravura verso il finale in cui la cinepresa segue Theo dalle strade in cui infuriano gli scontri all'interno di un edificio e attraverso le sue stanze. Il risultato è un oggi appena un po' più livido e caotico, una disperazione palpabile che cresce con la consapevolezza del protagonista, l'immagine di un mondo, il nostro, senza vie d'uscita, attaccato a un esilissimo filo di speranza. Perfetto il cast, soprattutto il silenzioso Clive Owen e un soave, tristissimo Michael Caine capellone.
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