Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film
Attivisti, ambientalisti, animalisti, lottano con ardore, giustamente, perché gli animali non si estinguano. Non solo per questo, vero, ma uno dei loro obiettivi è proprio la salvaguardia delle specie animali. E alla nostra specie? Chi ci pensa? Sarà che siamo tanti, qualcuno dice addirittura troppi, sarà che nessuno, me compresa, si è mai posto la questione. Alfonso Cuarón però se la pone in uno dei film più belli degli ultimi tempi, almeno per tematica e per rappresentazione scenica, un po’ meno per l’ambigua intensità a sfondo religioso che, in determinate scene, rischia di "disturbare" l’ottimo punto di vista narrato. Se il contendersi ossessivo di una donna gravida, l’ultima speranza di salvezza per l’umanità, dopo la morte dell’essere umano più giovane che ha gettato tutti nello sconforto, è giustificato e comprensivo, non lo è minimamente l’elevazione a miracolo, con tanto di battuta sulla verginità latente della donna, che risulta come provocazione (e forse vuole esserlo) piuttosto che come atto di fede. Elevata la prova attoriale di Clive Owen, essere umano dei piani alti, che si abbassa ad aiutare la clandestina, prima ancora di sapere il perché, animato solo dall’amore che lo lega alla splendida Julianne Moore (e non del denaro come si vuole far credere) che compare per restare impressa, come il viso rilassato e gioioso di un Michael Caine capellone. Una lotta contro il tempo, contro tutti, in un mondo in cui ognuno è un profugo, alla deriva, in un mare di speranza.
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