Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film
Flussi migratori selvaggi, intere nazioni militarizzate, terroristi e governi che agiscono allo stesso modo, epidemie planetarie: di questo passo, ci arriveremo ben prima che nel 2027 in cui la vicenda si svolge. In più c’è la fine totale delle nascite (un’idea che porta all’estremo quella de Il racconto dell’ancella), che sembra preludere a un’apocalisse ormai non troppo lontana. La forza del film sta nel presentare una realtà abbastanza riconoscibile, accentuando appena certi processi che sono già stati innescati (campi di raccolta per profughi in stile lager, bombe che scoppiano per strada e non si sa chi le ha messe). E ci sono alcuni momenti emozionanti: la nascita del bambino, per le condizioni in cui si svolge, non può non far pensare alla stalla di Betlemme. Owen, Caine e la Moore (peccato che muoia subito) sono tre bei personaggi, che reagiscono con disincanto alla follia collettiva. Forse il finale velatamente palingenetico, pur senza arrivare al livello di 28 giorni dopo, appare un po’ troppo ottimista; ma mica tutti hanno la fortuna di chiamarsi Gilliam.
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