Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film
Riferendosi all'esperienza in terra americana di un prozio, Francesco Guccini, in Amerigo, si domanda «Non so come la vide quando la nave offrì New York vicino,/dei grattacieli il bosco, città di feci e strade, urla, castello/e Pavana un ricordo lasciato tra i castagni dell'Appennino,/l'inglese un suono strano che lo feriva al cuore come un coltello». È così, più o meno, che i contadini siciliani di Nuovomondo vedono, attraverso un finestrone di Ellis Island, l'America, terra mitica di fiumi in cui scorre il latte, dove gli ortaggi sono giganteschi come nelle fiabe e dal cielo piovono monete d'oro.
L'America, che già ha ferito Salvatore, i suoi figli e sua madre con il «suono strano» dell'inglese, freddo come un coltello, si rivelerà come quel paese in cui «fu sangue e fu fatica uguale mattina e sera,/per anni da prigione, di birra e di puttane, di giorni duri...»: ma intanto è già stato il luogo in cui questi contadini avventurosamente arrivati dalla Sicilia vengono sottoposti ad umilianti visite ed ispezioni corporali nonché a test psicoattitudinali, di cui stentano a comprendere scopo e funzionamento.
Crialese descrive il mondo dell'emigrazione con toni fiabeschi, accentuati dai riferimenti tragicomici al cinema muto (si pensa anche al Chaplin dell'Emigrante) e a quello dei Fratelli Marx, con il figlio sordomuto del protagonista (Pietro), descritto con tratti caratteristici sia di Harpo che di Chico Marx.
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