Regia di Allen Coulter vedi scheda film
Che il personaggio di Superman non porti bene agli attori che lo interpretano è una delle leggende più famose di Hollywood, tutti ricordano la tragica vicenda di Christopher Reeve ma in pochi forse conoscono la storia di George Reeves (davvero inquietante la quasi omonimia) e del suo misterioso suicidio.
Allen Coulter, dopo una gavetta di tutto rispetto in serie televisive di grande successo come Sex and the City e The Sopranos, sceglie questa oscura vicenda per il suo esordio cinematografico e coadiuvato da un discreto team di attori propone un onesto dramma/noir che si guarda con moderato interesse.
Lo sviluppo della trama investigativa con protagonista il detective privato Louis Simo (Brody) segue un percorso piuttosto scontato arrivando nel finale a diverse verità plausibili ma non risolutrici, tuttavia l’aspetto più convincente della pellicola è il modo in cui il soggetto e la sceneggiatura tratteggiano i diversi personaggi inserendoli in quel contesto luccicante ma infido, falso e pericoloso che era la Hollywood degli anni ’50.
Coulter porta avanti il dualismo e il percorso a tratti speculare di due perdenti, da un lato l’aspirante star mancata Reeves (Affleck), che dopo piccole apparizioni in film anche importanti come Via col vento trova finalmente un insperato successo nella serie televisiva Adventures of Superman, restando però schiacciato da un ruolo che non lo soddisfa, dall’altro i sogni mancati del detective Simo, che reduce da un divorzio e da un rapporto non facile con il figlio cerca un riscatto nell’ambito lavorativo che continua a sfuggirgli.
Hollywoodland non è un film dal gran ritmo ma la scelta (di certo discutibile) mi è parsa voluta, la narrazione segue un percorso molto lineare che non prevede rovesciamenti di fronte o clamorosi colpi di scena, l’intenzione del regista non era quella di far luce sulla morte di Reeves imbastendo complicate ipotesi (plausibili o meno), bensì quella di lavorare sui personaggi, anche quelli secondari, cercando di presentare un quadro generale il più ambiguo possibile, dove a dominare è un umanità variegata che si muove in un contesto spietato e amorale.
Vista in questa ottica la pellicola presenta diversi momenti ben riusciti, decisivo l’apporto degli attori tra i quali spicca un sorprendente Ben Affleck, il suo George Reeves è un bamboccione di bell’aspetto che cerca il successo vendendo il suo amore alla potente moglie di un boss della MGM (bellissima anche se invecchiata Diane Lane), il rapporto controverso tra i due è uno dei punti di forza del soggetto di Paul Bernbaum, l’inserimento nel ménage à trois del marito di lei Eddie Mannix (Bob Hoskins) aggiunge altri motivi di interesse.
La storia si muove in parallelo e grazie all’utilizzo dei flashback si passa con disinvoltura da un protagonista all’altro, meno ricca di sfumature e più ordinaria la figura del detective Simo ma il trasandato Brody rivitalizza il suo personaggio donandogli un appeal da loser che non può che rimandare ai classici di un tempo, migliore il lavoro di un Ben Affleck non ancora lanciatosi nella fortunata carriera da regista, la sua performance attoriale è senza dubbio tra le più riuscite del periodo, premiata addirittura con una Coppa Volpi a Venezia nel 2006, Coulter si dovette accontentare di una Nomination al Leone d’oro.
Film il cui recupero non è indispensabile ma se vi piacciono le pellicole che parlano della vecchia Hollywood e di misteri mai risolti una sbirciatina è consigliata, come detto ritmi non sostenuti ma un discreto ritratto "in nero" della mecca del cinema, affascinante e sognata per chi la guarda dall’esterno, una specie di inferno in terra per chi ci si ritrova dentro.
Voto: 7
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