Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Tomas che divenne Albero, e germogliò. Sembrerebbe pure un bell'epilogo, e Invece... (un Grossissimo Invece). Aronofsky cerca rime più che baciate con il Maestro Alchimista Jodorowsky, ma la sua '(Holy) Fountain' è assai più 'piatta' da scalare rispetto alle Vette del modello ispiratore, e a dire il vero disseta fino a un certo punto. Tra soluzioni - visive, prima ancora che narrative - ispirate al New Age più dozzinale, suggestioni cabalistico-ancestrali, echi orientaleggianti di grana grossa e armamentario scenografico fatto di giochini ottici ed effettacci anni '60 a basso costo, Darren il Magniloquente gioca a perdersi nei suoi stessi labirinti. E neanche un fauno a indicargli la via. Gli inserti fantasy-medievalisti sono a dir poco imbarazzanti; gli ami lanciati troppi, e con troppo chiasso. Si salva - ed è poco - la parte spazio-temporalmente 'realista', in cui è descritta una vicenda di umane pulsioni come se ne son già viste mille, ma che non manca di coinvolgere. La Weisz, in un film in cui tutto fa rima con qualcos'altro, ricorda tanto, troppo, la Winslet di "Eternal Sunshine...", e ciò non è detto sia un demerito. Mimesi - voluta o meno - impressionante. Saper Amare, probabilmente, aiuterebbe la visione. Saper-di-Cinema, sicuramente no.
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