Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Gianni Amelio ha - innanzitutto - una qualità che spetta solamente ai grandi registi: quella di riuscire a fare sempre lo stesso film, ma in maniera ogni volta diversa. L'intera carriera del regista calabrese si può infatti facilmente ricondurre a due costanti essenziali: il viaggio e l'infanzia. Il ladro di bambini come Lamerica, Le chiavi di casa come il primissimo La fine del gioco: in ogni suo lavoro Amelio inserisce le basilari componenti del tragitto fisico ed esistenziale e dello sguardo del bambino sul mondo adulto. Qui, neppure con una forzatura eccessiva, facilmente si riscontra nel personaggio interpretato da Castellitto (sempre una certezza) un ruolo paterno, protettivo nei confronti della ragazza cinese, la brava Tai Ling; per quanto riguarda il tema del viaggio, invece, è fin troppo esplicita la cavalcata fra storia (progresso) e società (costume) compiuta da Buonavolontà/Castellitto, un'esperienza che lo cambia, come è comprensibile, nel profondo. Sceneggiatura scritta dal regista con Umberto Contarello (già autore per Mazzacurati, Salvatores, Placido, Piccioni), dagli intenti precisi ma forse un po' troppo dilatata, in una continua ricerca di spazi e tempi di riflessione. Musiche orientaleggianti del fidato collaboratore Franco Piersanti (allievo di Nino Rota e con Amelio dai tempi di Colpire al cuore, 1982); fotografia di Luca Bigazzi in cui risaltano le luci basse e le ombre. 6/10.
Tecnico italiano vola a Shanghai per riparare un guasto in un altoforno appena venduto da una ditta italiana a una cinese. L'impatto con la realtà del posto sarà fortissimo, nonchè occasione, per l'uomo, per una serie di domande interiori.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta