Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Ammiccante, descrittivo, didascalico. Di quasi tutto è stato accusato questo film che vorrebbe, forse, esaltare i luoghi comuni associati ad una realtà “non comune” come la Cina (ma solo in teoria, siamo ancora in pochi a non avere avuto contatti con un nostrano “quartiere cinese”), e che sfiora appena la nostra sensibilità, oltretutto con motivazioni molto campate per l'aria: un Castellitto funambolo dell'ambiguo, manutentore di un altoforno venduto ai cinesi, s'invola nella classica ricerca dell'ago nel pagliaio, pungolato in teoria solo dalla sua testardaggine, con appresso il suo macchinarietto monta/smonta, per segnalare a questi cinesi un difetto di, appunto, fabbrica. Non la troverebbe neanche in Italia quella fabbrica, figuriamoci in quel caos di colori, suoni, umori... troverà mille bastoni tra le ruote invece, ipocrisie, reticenze difficoltà amplificate nonostante la sua personalissima guida paradossalmente pesce fuor d'acqua anche lei alle prese con le diffidenze indigene.
Ci voleva far vedere la Cina cinese Amelio. Ma l’impressione è non gli hanno saputo dire dove era la fabbrica neanche a lui.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta