Regia di Mariantonia Avati vedi scheda film
All’inizio del 1947 Nina viene ricoverata in un ospedale romano all’interno del reparto di ostetricia. È all’ottavo mese e i medici riscontrano qualche complicazione. La donna si ritrova così ad affrontare gli ultimi giorni di gravidanza circondata da altre donne, ognuna con pensieri e preoccupazioni che spesso coincidono con sogni infranti o utopie irrealizzabili. Il palcoscenico naturale non lascia spazio alla poesia: Anna Maria (Enrica Maria Modugno) sta per partorire il quinto erede, Mariella (Francesca Antonelli) aspetta un figlio da un soldato americano conosciuto in una notte e naturalmente fuggito via e poi Emilia, Giuseppina, Margherita, donne ferite nell’anima che passano il tempo a raccontare e a raccontarsi, a cercare sponde e un po’ d’affetto, augurandosi «in bocca al lupo» prima di entrare in sala parto o dal professore per la visita di rito. L’esordio nel lungometraggio della figlia d’arte Mariantonia Avati, insomma, segue le tracce di un cinema da camera di stampo teatrale, che ricorda i vecchi sceneggiati Rai degli anni ‘60, tutti improntati sulla recitazione. E non a caso il reparto attoriale, al di là di una regia troppo pulita e tradizionalista, è l’unico segmento capace di regalare un paio di emozioni, con Anita Caprioli che partorisce la sua interpretazione più matura.
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