Regia di Richard Glatzer, Wash Westmoreland vedi scheda film
Echo Park, Los Angeles. Piccole storie quotidiane nella comunità messicana, dove Magdalena sogna la sua quinceañera (la festa che segna il passaggio nella vita adulta al compimento del quindicesimo anno d’età), il cugino machogay Carlos il riscatto da una serie di scelte ribelli e sbagliate e il vecchio zio Tomas un finale di partita sereno e tranquillo nella sua “capanna” zeppa di ricordi. Poi un giorno Magdalena rimane incinta senza che abbia mai fatto l’amore e la madre parla di miracolo, il presunto fidanzatino prima suggerisce di chiamare il pargolo Jesus (capita la parabola?) poi se la svigna, mentre i genitori di entrambi reagiscono come peggio non si potrebbe. Sotto l’egida di Todd Haynes (produttore esecutivo), gonfio di premi, di critiche lusinghiere e di incassi fuori dal comune, approda anche in Italia questo filmettino francamente sopravvalutato, tiepido tiepido, timido timido, con i personaggi intinti in stampi ben stereotipati e un finale che strizza l’occhio all’onda zapateriana. La matrice, informano le cronache, si rifarebbe al kitchen sink drama, il “dramma dell’acquaio” nato nel gergo teatrale inglese durante gli anni ‘50. Sarà. Ma lì ad approfittarne c’erano gli Schlesinger, i Richardson, i Lindsay Anderson. Qui siamo in zona Sundance, dove le pellicole si trasformano in operine che flirtano con le operette.
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