Regia di Jason Reitman vedi scheda film
Intelligente, brillante, ironico, graffiante, irriverente, schietto, scorretto. É il sorprendente esordio su grande schermo di Jason Reitman, figlio del celebre Ivan (Ghostbusters, Gemelli), che narra del diffusissimo - su scala mondiale - vizio ‘legalizzato’ del fumo, le conseguenze sulla salute e l’immane mole di danaro che gravita attorno ad esso. E lo fa illustrandoci il faticoso e faticato vissuto quotidiano di Nick Naylor (un bravissimo Aaron Eckhart), rappresentante/portavoce numero uno della più importante lobby del tabacco, il quale giorno dopo giorno porta strenuamente avanti la sua crociata pro-bionde sfidando a colpi di abile ed astuta dialettica - colpendo sotto la cintura ed incassando insulti - interi reggimenti di salutisti di un'America attentissima (ossessionata) alla condizione fisica tanto da trasformare il benessere del corpo non solo in un business altamente redditizio ma nel più quotato ed in voga status symbol degli ultimi anni. Pagato per avere ragione, per distorcere la verità con l’arma delle valide argomentazioni, lo zio Sam della nicotina svolge egregiamente il suo mestiere; si definisce una personalità moralmente flessibile e s'inserisce nella categoria di quegli uomini che si guadagnano da vivere facendo il proverbiale lavoro sporco come i suoi esimii colleghi, il rappresentante delle armi da fuoco e la rappresentante-donna degli alcolici, fidi compagni d’avventura (e di sventura). Definitisi la squadra MDM (mercanti di morte), tutte le settimane pasteggiano insieme confrontandosi vicendevolmente sulle rispettive strategie di vendita, consigliandosi reciprocamente, delineando le caratteristiche comuni e le differenze tra i singoli settori, stilando classifiche di gradimento popolare e conseguenti perdite o profitti, ma soprattutto dividendosi il peso dell’odio generale. Disprezzati dalla stragrande maggioranza della gente, vengono apostrofati con ignobili (per quanto veri) epiteti: speculatori sulle tragedie umane, magnaccia, mefistofelici yuppies. Eppur non sono altro che comuni esseri umani con figli da mantenere ed un gigantesco mutuo da pagare. Nelle capaci mani di Jason Reitman il film riesce nel rischioso quanto potenzialmente fallimentare intento di spostare il punto di vista dominante, ribaltare i classici ruoli del buono e del cattivo, della vittima e del carnefice, trasformando attraverso uno script assolutamente geniale e solidissimo il nostro assai discutibile protagonista sultano della persuasione in un fiero eroe liberale mentre il senatore che abbraccia la causa salutista (un sempre all'altezza William H. Macy) un moralista reazionario interessato solo ad accaparrarsi quanti più voti possibili. Dialoghi arguti ed affilati costituiscono, poi, la ciliegina sulla torta di un'operazione insieme coraggiosa e spassosissima, intellettualmente stimolante, che pone l'accento sull’importanza di crearsi una propria coscienza critica riguardo (tutto) ciò che viene imposto e fatto accettare (a mò di dogma) come unica opzione esistente, piuttosto che seguire ottusamente e pigramente il gregge (cosa che richiede un minor o nullo spreco di energie). Di costruire per ogni circostanza un'alternativa valida perché se argomenti in modo giusto non hai mai torto. Ragionare con la propria testa, dunque, scegliere con la propria testa, perché scegliere significa essere liberi. Questa la morale di un film lucido, acuto, sorprendente e folgorante, che gioca a carte scoperte, che non risparmia niente e nessuno, che mette alla berlina, sbeffeggiando in egual misura, le persuasive strategie di vendita delle lobbies-sanguisughe (la stessa Hollywood che ha contribuito a creare il mito della sigaretta fica e disponibile ‘proponendola’ come vincente arma di seduzione) e le infinite cause no profit (quanto no profit?) a servizio delle vittime delle ‘bionde fatali’.
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