Regia di Vittorio De Seta vedi scheda film
Il ritorno al cinema di fiction per De Seta, dopo quasi quarant'anni di silenzio sul grande schermo, è in netta continuità con i contenuti dei documentari e dei progetti televisivi nel frattempo realizzati (lavori sulla Sicilia, sulla Calabria, su Hong Kong). Nel complesso il suo è un cinema antropologico, fortemente influenzato dai luoghi e dalle geografie, incentrato sui rapporti di forza che vengono a crearsi fra gli esseri umani, già dall'esordio di Banditi a Orgosolo (1961). Qui il regista 83enne ci racconta la storia di Assane, un immigrato africano in Italia, uno fra i tantissimi ad arrivare pieno di energie e di voglia di fare, e allo stesso modo uno fra i tantissimi a ritrovarsi ben presto completamente snaturato in un paesaggio che non gli appartiene e con il quale fatica troppo a venire a patti, mentre la sua forza di volontà è stata pian piano risucchiata da un sistema che lo rifiuta a priori. Il ritorno a casa non è soltanto una sconfitta materiale, nei fatti concreti, ma è anche l'ammissione a sè stesso dell'impossibilità di trovare un punto di contatto morale con una società chiusa e nevrotica come quella italiana. Una ricerca che culmina in una perdita: di fiducia verso sè stesso e il proprio sistema di valori, annichilito dall'esperienza negativa. Cercava l'America, speranzoso arrivava in Italia, deluso trovava l'Italia. Sceneggiatura di De Seta stesso, il bravo protagonista (esordiente) Djibril Kebe lavorerà anche ne La passione di Mazzacurati (2010) e vestirà i panni di Rudy Guede (!) nel film televisivo americano sull'omicidio della studentessa Meredith Kercher. 6/10.
Un giovane senegalese, Assane, va in Italia (Napoli, Firenze e poi Torino) in cerca di lavoro. Non solo non lo trova, ma trova razzismo e violenza. Torna a casa, convinto di aver perso anche l'iniziale fiducia.
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