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Lettere dal Sahara

Regia di Vittorio De Seta vedi scheda film

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La recensione su Lettere dal Sahara

di yume
8 stelle

C’è dolore e ammirazione, sguardo attento, non si comminano condanne manichee, c’è il bello e il brutto di due mondi diversi, ognuno decide per quale optare

Vent’anni, poco più, dopo Moravia, e queste nuove Lettere dal Sahara sono lontane spazi siderali da quello sguardo.

Il viaggio alla scoperta dell’uomo è finito, da Odisseo passando per Goethe e Sthendal, Blixen e Conrad, sembra che siano trascorsi millenni.

Su cento e passa film all'anno, provate a fare un elenco dei film italiani sulla droga- dice De Seta - I film sull'immigrazione si contano sulla punta di una mano, persino sulle Br non c'è un granché. Perchè è difficile elaborare il presente. Anche quello di Muccino è presente, ma non so quanto sia rappresentativo. La verità è che il cinema è molto consolatorio e razionalizzante: giustifica. La gente vuole essere confortata, consolata, favoleggiata. Anche se non è troppo crudo questo mio film vuole dare un quadro; lo si può vedere fra trent'anni e dire: ecco più o meno era così l'immigrazione.”

Le lettere, oggi, sono quelle che Assane, clandestino Senegalese arrivato fortunosamente in Italia che scrive alla madre in Senegal e riceve lettere dal vecchio prof. di Storia e Filosofia dell’Università di Dakar.

Tutto quello che fa parte di questa storia italiana occupa tre quarti del film ed è cronaca quasi in presa diretta, se ne conoscono tutti i connotati e le dinamiche, ma è una scoperta riviverla attraverso lo sguardo etico di De Seta, la dimensione del sentimento e dell’intuizione, come lui stesso dice.

Il cinema è la sintesi di quattro arti, potrebbe cambiare il mondo”.

Vero, quanto meno ci aiuta a conoscerlo.

L’ultima mezz’ora è girata in Africa, la “sua” Africa, quella di Assane, che torna in piena crisi di identità al villaggio di case di argilla e paglia e ritrova la madre, la sorella, il prof, la comunità intera, le danze e i canti, l’oceano e le barche leggere dipinte, le donne che torniscono a mano i vasi e il maestro che fa scuola sotto una tettoia, i bambini legati alla schiena delle madri e l’albero del pane.

 Non è uno sguardo neutrale quello di De Seta, è assurdo da almeno 5000 anni  pretendere la neutralità del documento:

"Lo sguardo neutrale è una menzogna, specie nel mio lavoro, dove basta spostare la macchina da presa di pochi centimetri perché tutto cambi".

 Qui c’è dolore e ammirazione, sguardo attento, non si comminano condanne manichee, c’è il bello e il brutto di due mondi diversi, ognuno decide per quale optare, ma “non vi sentite superiori” dice il vecchio prof. ai ragazzi che imparano a scuola “forse dovrete partire anche voi e l’esperienza raccontata da Assane vi ha detto che non sarà facile. Se tornerete, però, potrete lavorare per il vostro popolo che ne ha bisogno”.

Non mi piace dire che un film è “necessario", dico invece che questo film è necessario vederlo.

L’Africa di De Seta forse è un sogno possibile e rivolto al futuro, quella che conosciamo noi oscilla tra le stragi, le carestie e i ricchi résort per turisti spensierati.

Ci si chiede, durante quell’ultima mezz’ora, se c’è ancora un pezzettino d’ Africa così.

Ecco perché sembra un sogno, forse il sogno di Assane, povero immigrato laureato in Storia e Filosofia

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

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