Regia di Vittorio De Seta vedi scheda film
Film lunghissimo, intriso di retorica e di luoghi comuni, a tratti quasi da documentario (specie nell'ultima parte del film). Non si comprende bene dove vuole andare ad apparare: gli immigrati sono tutti buoni e gli Italiani tutti cattivi e spietati? Non sappiamo accogliere il diverso mentre il diverso è pronto ad integrarsi senza pensarci su? A parte qualche brevissimo riferimento allo scontro tra civiltà Cristiana ed Islamica, in pratica il film procede a senso unico: gli Italiani sono chiusi, razzisti, xenofobi e violenti, mentre gli immigrati sono volenterosi, intelligenti e colti, con una bontà incommesurabile. L'apice del buonismo giunge alla fine del film quando il capo tribù fa una vera e propria invettiva contro i bianchi e contro il mondo occidentale: discorso razzista e assurdo. Se fosse stato fatto al contrario sono sicuro che il film sarebbe stato ritirato subito.
Insomma, oltre ad essere una pellicola noiosa è anche abbastanza improbabile ed a tratti surreale, come quando ad esempio Assan riesce a sbloccare il computer bloccato semplicemente cliccando col mouse.
Un negro parte da un villaggio della Somalia e giunge illegalmente in Sicilia. Si reca prima a Napoli da alcuni amici, poi a Firenze da sua cugina ed infine a Torino dove incontra un'insegnante di Italiano che lo accoglie. Qui però è aggredito da un branco di ragazzi (fatto del tutto irreale, considerando le pagine di cronaca nera VERE) che lo malmenano violentemente. Il ragazzo di colore decide quindi di ritornare in Africa, dove ad attenderlo c'è tutta la sua famiglia ed i suoi amici: iniziano così gli ultimi 40 minuti di film, all'insegna della retorica, del documentarismo e dell'insulto razziale contro i bianchi. Vergognosissimo finale.
Canzoni fintamente africane che sprizzano ipocrisia da tutti i pori.
La retoricità e la banalità, nonchè l'impostazione dualistica bene-male (negri-bianchi).
Finto.
La regia è l'unica che si salva, alquanto.
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