Regia di Jaume Balagueró vedi scheda film
Non capisco l'entusiasmo verso questo episodio della serie Peliculas para no dormir. A me sembra il classico esempio di horror tutto superficie e niente sostanza: la tensione c'è, non lo si può negare, ma è generata quasi esclusivamente dall'azione e solo in minime dosi da un'autentica suspence. Un film tutto adrenalina che corre come un treno ma una volta passato non lascia il segno. La confezione apparentemente impeccabile ma in realtà patinata (la solita fotografia cupa e decolorata che contrasta con i flashback "solari", ecc.) è l'ennesima dimostrazione che la tecnica non basta, se non è sorretta dalle idee. Ho trovato suggestivi solo i manichini, che mi hanno ricordato Bava, e qualche inquadratura come quelle delle fotografie di bambini alle pareti. Sarà anche questione di gusti, ma io ho trovato più interessanti, anche se magari non del tutto riuscite, altre Peliculas come La culpa e Real Friends.
Il fulcro dell'orrore è la solita mente malata, spinta alla follia dal desiderio degenerato di affetti familiari: ma a pesare non è tanto la mancanza di originalità (ci si abbandona sempre volentieri ai cliché del "genere", se ben usati) quanto l'assoluta inverosimiglianza di certe situazioni, che avrebbero necessitato di dosi ben più massicce di ironia (qualcuno l'ha individuata, per me è così "sottile" da risultare assente...) per essere accettate. Come credere, altrimenti, che una donna di mezza età riesca praticamente da sola a tenere in scacco più vittime (si veda la scena della protagonista che si lascia trasportare per le scale senza colpo ferire)? O che la stessa protagonista non si faccia nemmeno sfiorare dal dubbio che non sia proprio opportuno liberare l'inquietante prigioniero, che uno scontatissimo "colpo di scena" rivelerà essere non un'altra vittima ma un altro carnefice (il figlio della pazza)?
Ho letto anche altrove le solite lodi alla regia di Balaguerò, alle sue inquadrature, al suo stile che si farebbe addirittura sperimentale grazie all'uso "ardito" delle incongruenze (vogliamo chiamarle così?) temporali: personalmente, il flashback che a un certo punto interrompe l'azione per riproporre parte dell'incipit mi è sembrato quanto di più irritante, inutile e gratuito si potesse concepire. Lo spettatore, più che disorientato, si sente preso per i fondelli.
Il suo volto non si dimentica: mi aveva colpito in Dagon, qui si conferma interessante.
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