Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Piccoli omicidi tra astronauti.
La domanda è :l'uomo è degno di sopravvivere? Nel momento in cui il destino del mondo si trova in mano ad otto persone otto, ogni loro dubbio è il dubbio dell’umanità intera, ogni emozione è il riassunto delle emozioni di miliardi di persone, ogni nefandezza è la persecuzione di interi popoli, ogni omicidio un genocidio. All’ombra di un sole morente. Sole che nel bel film di Danny Boyle si eleva dal rango di semplice astro donatore di vita a entità mistica, religioso pulsare di quella vita che in virtù di misteriosa ancestrale elezione è in grado di donare. Il ritorno alle origini della vita, così distante dalla madre terra è in realtà un ripiegarsi verso sé stessi, all’interno delle pulsioni che regolano la vita dell’uomo e le cui speranze che da tempo hanno abbandonato la via del mistero, dell’intima trascendenza filosofica per abbracciare la più sicura arrogante , presuntuosa strada della tecnologia, si affidano alla teoria della bomba. Sfidare l’origine della vita ricreando un big-bang, imporre la mano dell’uomo sulla Creazione, diventare in qualche modo Dio o meglio sostituirsi ad esso. E’ questo in realtà la seconda lettura di Sunshine, quella che emerge dal buio dello spazio in cerca di “riaccendere” un sole in stallo e che legittima l’eliminazione dei soggetti inutili come in un gioco di ruolo o meglio ancora in una spietata selezione naturale. L’astronave Icarus 2 in rotta verso il sole è un microcosmo autarchico soggetto negli spazi compressi dei moduli pressurizzati alle leggi che regolano la vita degli esseri viventi, solo, il ciclo si compie molto più velocemente, disperatamente proteso alla conservazione della specie più forte, la più utile, necessaria al compimento della missione. Entrare nel sole, nella luce che avvolge contrapposta al buio che depriva i sensi, che annulla, ovvero entrare in contatto con Dio. Il viaggio verso il sole è il viaggio degli astronauti verso la consapevolezza, verso la necessità di toccare la parte più profonda e intima dell’animo umano, il viaggio in cui l’immensamente grande e l’immensamente piccolo coincidono, verso il sole che brucia, la cui luce avvolge e salva, verso quel Dio che connota la natura umana. La bomba funziona, la conoscenza la tecnologia la luce dell'intelligenza funziona e riprende a dare vita per mano dell'uomo. La creazione. La risposta alla domanda iniziale quindi è Si. L’uomo merita di sopravvivere in quanto divino Egli stesso, nel profondo.
Il film di Danny Boyle coniuga la fantascienza apocalittica di “ 28 giorni dopo” alle distruttività entomologiche di “Piccoli omicidi tra amici” fondendoli in una fantascienza che molto deve a "Solaris" di Tarkovskij, moltissimo a "2001: odissea nello spazio" di Kubrick e almeno nella seconda parte all’ignoto nemico dallo spazio profondo di “Alien”, restando però fedele ad una propria caratterizzazione dei personaggi e delle vicende senza scadere nel palese citazionismo.
Il dovere come atto di fede che trascende ogni sentimento è la laica soluzione di un gruppo di persone che fanno semplicemente ciò che sono obbligate a fare per il bene di quei miliardi di persone che rappresentano, fosse anche sopprimere il compagno o sacrificarsi per permettere al destino di compiersi, destino libero da qualsiasi casualità, ognuno col proprio destino nelle mani dell’altro. Nella fredda analisi della logica razionale, spunta l’uomo, i dubbi, i sogni e gli incubi, il senso di ancestrale paura dell’ eterno. Il misticismo più che imposto è suggerito dalla presenza e dalla “suggestione” di quel sole che è sempre presente ma costantemente celato dallo scudo che permette alla nave di avvicinarsi, presenza che una volta “svelata” si dimostra di un potere devastate ma al tempo stesso attraente. Il vantaggio è che dalla nave si può avere una visione protetta con Dio, la cui vista progressivamente porta alla follia, al sentimento di immortalità e al delirio di onnipotenza.
Follia che si manifesta con la presa a bordo dopo un tentativo di salvataggio della prima astronave incaricata della medesima missione, del capitano dell’astronave stessa che devastato dalla visione del sole cerca di fare fallire la missione dell’Icarus 2 come fece con l’Icarus 1. E qui, il film perde francamente un po’ di tensione, nel momento in cui la storia prende la piega del thriller quasi soprannaturale si perde il filo del discorso, mostrando l’”effetto” del contatto ravvicinato con l’Astro-Essenza Divina, si perde il “mistero”, nulla è più sospeso nel limbo dell’animo umano, la scrittura del film perde il “substrato” metaforico e diventa semplice storia rovinando quell'atmosfera sospesa di attesa, di angoscia claustrofobica che caratterizza l'ottimo incipit. Resta comunque un film visivamente impeccabile, girato estremamente bene e recitato egregiamente, soprattutto da parte di Cillian Murphy che si conferma attore intenso e molto interessante e confermando comunque il regista di Trainspotting come uno tra i più dotati e coraggiosi autori, nonostante l'altalenante carriera, di quest'era cinematografica.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta