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Il diavolo veste Prada

Regia di David Frankel vedi scheda film

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La recensione su Il diavolo veste Prada

di FilmTv Rivista
6 stelle

David Frankel, regista, tra gli altri lavori televisivi, dell’impagabile Sex and the City, era all’apparenza la scelta azzeccata per Il diavolo veste Prada, la storia di una provinciale che arriva a New York per diventare giornalista e, dopo molti rifiuti, trova il posto per il quale milioni di ragazze sarebbero disposte a uccidere: seconda assistente di Miranda Priestley, la direttrice di “Runaway”, forse la più importante rivista di moda del mondo. Tratto dal bestseller di Lauren Weisberger (uscito nel 2003 e tradotto in 27 lingue), probabilmente ispirato alla figura di Anna Wintour, celebre, ferrea direttrice di “Vogue” americano, per il quale lavorò per un periodo la Weisberger, neo-laureata a Cornell, Il diavolo veste Prada - film – non centra l’alchimia di perfidia e malinconia che pare abbia il romanzo e nemmeno il ritmo incalzante dei dialoghi di Sex and the City. È un film nel quale non succede niente, se non lo sviluppo più ovvio (la giovane Andy si trasforma da ragazza qualunque a impeccabile “fashionista”, conservando tuttavia i propri principi morali), una successione alla lunga ripetitiva di rincorse agli ordini del capo, con scambi di battute molto meno acidi e frizzanti di quanto ci si aspetterebbe. Solo tre cose meritano: la collezione Chanel 2006 (quella che contribuisce alla “mutazione” di Andy), Stanley Tucci nella parte di Nigel, il braccio destro di Miranda, cinico ma non del tutto, snob con un’anima, fedele in tutto e per tutto al suo direttore, e Meryl Streep, che riesce a conferire sfumature sottili e remote a un personaggio all’apparenza unidimensionale. Costruita su entrate teatrali e aggressive, sul gelo palpabile delle sue occhiate critiche, su un’intelligenza tutta al servizio del suo lavoro (memorabile la sua breve lezione sul ciclo della moda – il colore ceruleo, da un’idea geniale di Oscar de la Renta ai grandi magazzini - e sul perché nessuno possa sentirsene snobisticamente esente), Miranda, sotto Prada e sotto Valentino, è umana, malinconica, una regina taglia 46 in un mondo fatto di taglie 38, capace di dominarlo con pugno di ferro, ma anche di riconoscere, quando li incontra, gli altri fuoriclasse.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 42 del 2006

Autore: Emanuela Martini

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