Regia di David Frankel vedi scheda film
Rivisto a distanza di non so quanti anni dalla prima volta, è un filmetto leggerino ma tutto sommato non disprezzabile. Certo non parliamo di un capo d'opera, come satira del mondo della moda e delle riviste che gravitano attorno ad esso è tutto sommato inoffensivo, tratto da un bestseller internazionale di Lauren Weisberger ispirato alla direttrice di Vogue Anna Wintour, ha avuto un grosso successo di pubblico in tutto il mondo. La sceneggiatura ci propone la storia di Andy Sachs e il suo lavoro come assistente personale di Miranda Priestly, direttrice della prestigiosa rivista di moda Runway, ma mi sembra che il tutto resti un pretesto per un apologo alla fin fine un po' semplicistico e non privo di moralismo sulla necessità di restare se stessi anche di fronte alle lusinghe del successo e di non perdere la bussola dei veri valori e dei veri affetti. I personaggi non hanno uno spessore memorabile (la trasformazione di Andy da sciacquetta a ragazza sofisticata è piuttosto banale) ma il dialogo tambureggiante e fitto di one-liners va più volte a segno, in omaggio alla commedia sofisticata dei bei tempi che furono. La regia un po' anonima è compensata dalle battute ficcanti e soprattutto dal cast che riesce a risollevare le sorti di una commedia romantica altrimenti prevedibile, con una Hathaway che ci mette del suo nella metamorfosi del brutto anatroccolo e soprattutto una Meryl Streep che ha il raro dono di prendere un personaggio sull'orlo della caricatura come Miranda e restituire un'interpretazione ricca di sfumature, una tirannica direttrice che ha compreso le regole del gioco e le applica con astuzia spietata. Non fra le sue massime prestazioni, considerando un contesto soltanto medio di scrittura e regia, ma pur sempre da applauso, a cui si affianca la brava Emily Blunt nel ruolo della segretaria numero 1. Negargli la sufficienza sarebbe ingiusto, nonostante le numerose riserve, significherebbe ignorare il potenziale di intrattenimento di una commedia d'evasione che non manca di una rappresentazione abbastanza concreta delle dinamiche di sopravvivenza all'interno di un'editoria modaiola dietro cui si intravede lo show-business e Hollywood stessa. Un po' sopra le righe Stanley Tucci.
Voto 6/10
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