Regia di David Lynch vedi scheda film
Con I.E. David Lynch ambisce a filmare la mente, le associazioni che solo questa riesce a pianificare grazie a spunti che, visti dal di fuori, è impossibile spiegare nella loro (in)coerente compiutezza. Stimolante avventura visiva lunga tre ore che si inserisce in storie racchiuse una entro l'altra, in un film che appare differente ogni volta.
Con INLAND EMPIRE Lynch tenta l’impossibile: ovvero dimostrare, praticamente con un susseguirsi di vicende spesso completamente scollegate tra di loro, come storie di vita, vicende spesso bizzarre o enigmatiche, diversissime tra di loro e riguardanti persone che apparentemente non hanno nulla in comune, persino distanti a migliaia di km, possano in qualche modo interconnettersi e generare nella sensibilità di persone più predisposte a coglierne i tratti distintivi, una “liaison” tortuosa ed insinuante che crea come delle scatole cinesi, o matriosche incastrate una dentro l’altra, che procedono ognuna verso il proprio epilogo, creando connessioni e rimandi.
Lynch quindi tenta col suo cinema di filmare l’universalità del vivere, che procede nel suo spesso folle e controverso epilogo dei singoli avvenimenti che si susseguono, si intersecano, si ostacolano, giungono ad una resa dei conti.
Mentre la trasmissione radiofonica più longeva della storia suona Axxon N, che noi udiamo attraverso il suono graffiato di un grammofono, una coppia di amanti caucasici si diletta a consumare un rapporto protetta da un anonimato che ne cela i visi. Nello stesso tempo una ragazza sta piangendo mentre guarda una bizzarra sitcom in cui i protagonisti sono una famiglia di conigli antropomorfi impegnati in vicissitudini domestiche non proprio divertenti, in cui le risate programmate che intervengono stridono per l’evidente contrasto.
Nel mentre a Los Angeles, nella sontuosa residenza di Nikki Grace - una attrice bionda in fremente attesa dell’aggiudicazione di una parte importante in un film intitolato On High in Blue Tomorrows, remake di un film polacco rimasto incompiuto per cause misteriose, a sfondo tragico - una enigmatica anziana suona al campanello presentandosi come una nuova vicina di casa, ma finendo poco dopo per raccontare alla padrona di casa, visibilmente scossa, due storie che sembrano altrettante parabole, incentrate su un bambino ed una bambina, e relative alla presunta nascita del male attorno all’umanità.
Poco dopo tramite un ulteriore stacco brusco di macchina e situazione, apprendiamo che la parte è stata assegnata alla nostra attrice, che esultante brinda assieme a due sue amiche, per poi recarsi negli studios e iniziare a provare la parte assieme all’attore protagonista suo partner, e sotto la direzione del suo regista.
Poi la pubblicità al film, l’invito ad un programma di pettegolezzi tv in cui la bionda presentatrice attacca i due interpreti facendo piccanti riferimenti alla fama di donnaiolo che la star maschile si è costruito negli anni.
Man mano che il film procede, la storia del film che si sta girando e le vicissitudini della protagonista, diventano sempre più inestricabili, indistinguibili, così come le altre vicende di cui sopra continuano a frastagliare il complesso intrigo narrativo che caratterizza il film.
Lynch in realtà tenta di filmare i racconti di una mente che spazia, il pensiero che salta da una situazione all’altra con estrema disinvoltura, e che qui si materializza in qualche modo, in labili tracce enigmatiche ed inquietanti, nella vita della nostra protagonista, impossibilitata a discernere ciò che è vita vera da ciò che è set cinematografico, e da ciò che sono le vicissitudini a lei di fatto completamente esterne, ma che ella in qualche modo vive, avverte, provando uno stato di confusione ed agitazione che la pongono persino a rischio di vita.
C’è chi ci ha provato, chi ci ha scritto dei libri, tentando di trovare un nesso logico e compiuto ad INLAND EMPIRE, probabilmente andando sin oltre la percezione dello stesso Lynch, che, galvanizzato dall’uso, per la prima volta, del sistema digitale per un intero film, ha inteso scrivere bozze di storie e cercare poi, senza troppa premeditazione, di intersecarle ed unirle tra di loro come farebbe un cervello lungo tutta una giornata di vita.
L’effetto stordente raggiunge apici indimenticabili con la lunghissima scena dell’agonia di Laura Dern sulla Walk of fame, attorniata da una coppia di tossici e da una barbona che discutono tranquillamente sulla via più breve per raggiungere una località chiamata Pomona.
“Non ti preoccupare cara, stai solo morendo” così consola la morente, con uno straniato senso materno – la vittima ha una ferita da taglio all’addome inflittale dalla moglie tradita del suo amante con uno straniato senso materno. “Ecco guarda qui, questa è la luce che se ne sta andando”, prosegue la barbona illuminandole il volto con la luce di un accendino.
Una scena di passione quasi sacra che è davvero difficile dimenticare, all’interno di tre ore di un film che non bisognerebbe smettere di rivedere per coglierne ogni volta nuove sfaccettature, differenti spunti, insolite argomentazioni e collegamenti che spesso la nostra mente è in grado di riuscire a trovare, ma soprattutto se sollecitata da nuovi indizi che la vasta e particolareggiata materia trattata non consente di cogliere alla prima incursione.
Comprensibile a questo punto - dopo essersi resi ben conto del livello narrativo sconsideratamente indefinito e fino a poco tempo prima a mio avviso inimmaginabile per chiunque - intuire quanto sia difficile e tortuoso per l’autore David Lynch ritornare ad affrontare un lungometraggio di fiction, (sono ormai dieci lunghi anni che aspettiamo trepidanti l’opera successiva).
Forse è il prezzo (caro, carissimo per noi fans) da pagare dopo un’opera complessa, unica, geniale ed irripetibile come questa, che filma la mente e molti dei collegamenti improvvisi, sfuggenti, spesso molesti e sempre imprevisti che questa compie nel suo instancabile lavoro associativo quotidiano, quello che ci fa vivere o sopravvivere alle incognite che incontriamo lungo il cammino.
Per Laura Dern, qui coinvolta anche come produttrice, il ruolo della vita, senza nulla togliere alla sua Sandy Williams, protagonista di Velluto Blu, né tantomeno alla Lula di Cuore Selvaggio.
Al suo fianco compaiono altri attori di riferimento del cinema lynchano come Harry Dean Stanton, Justin Theroux, Diane Ladd, Grace Zabriskie, oltre a Jeremy Irons, Julia Ormond, e brevi camei di William H. Macy, Laura Elena Harring, e pure una inquietante Nastassia Kinski, direttamente da Pomona.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta