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INLAND EMPIRE

Regia di David Lynch vedi scheda film

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Badu D Shinya Lynch

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La recensione su INLAND EMPIRE

di Badu D Shinya Lynch
10 stelle


Silencio
assoluto.

- Intervistatore: "Come definirebbe INLAND EMPIRE?"
- David Lynch: "Come La Dolce Vita soltanto che gran parte della dolcezza si è persa. La vita è da quel punto di vista un po' strana: tutti quanti noi intravediamo una strada superficiale, ma al tempo stesso proviamo tanti percorsi interiori"

L'urlo dell'indefinibile. Emozione unchainedINLAND EMPIRE è ansia indicibile : lacrime inverosimili piovono da questa pellicola insostenibile - un pianto corrosivo, che non lascia spazio all'analisi, all'intellettualismo, ad Hollywood. Apnea intollerabile all'interno di questo oceano lynchiano: si torna a galla dopo i titoli di coda, con tutte le paure e le angosce che accompagnano l'essere umano fin dai suoi primi anni di vita; ora respirare è più faticoso, qualcosa è cambiato - forse è la fine. Lo spettatore è già perito dentro il film? Desideri di morte, di rinascita, di rivalsa spirituale - solo astrattezza, solo sogni e incubi, sussurri e grida. L'Immagine è ermetica, esplosa, snervante. La realtà non esiste, il tempo è un concetto paradossale: non c'è un inizio e non esiste una fine, ma solo un interminabile intervallo filmico, una pausa cinematografica. Trascendersi. INLAND EMPIRE: la grande interiorità è come un impero; è luce e oscurità, bianco e nero; l'universo dentro una stanza, il cosmo all'interno di una mente. Una pellicola magnificamente instabile, inspiegabilmente devastante - cinema in tutta la sua informità. David Lynch è riuscito nell'impresa di filmare l'abisso che separa la razionalità umana dall'irrazionalità cinematografica. Sotto la superficie c'è tutto, quel tutto che gronda di niente, di un nulla suggestivo e dirompente - apocalisse mentale. Brancolare nel buio è fondamentale per capire che non c'è nulla da capire, per comprendere che siamo incomprensibili, semplici esseri viventi che mutano e si trasformano continuamente, sia a livello fisico che spirituale. Il regista, disintegra e annichilisce la ragione umana : blocca e annulla ogni tipo di flusso e impulso conoscitivo - cancella il passato e deforma il presente. Il futuro? Non esiste.
Spettatori di noi stessi. Smarriti nel nostro labirinto personale. Perdersi è un'esperienza unica, fondamentale e straordinaria. In tutta la sua durata, il film di Lynch disintegra pressoché tutti i luoghi comuni relativi a HollywoodINLAND EMPIRE è la frantumazione totale dell'identità individuale; una danza caotica di immagini e suoni inesplicabilmente primigeni, che schiacciano e dilatano le sensazioni e le emozioni dello spettatore ; una manifestazione (meta)cinematografica che palesa l'eterna insoddisfazione dei desideri inconsci dell'essere umano - l'infinita incompletezza esistenziale, la perpetua "malattia" del subconscio.
Addentrarsi in INLAND EMPIRE non è difficile, anzi, è "semplicissimo": il film divora lo spettatore, lo annichilisce, lo stordisce, cancella tutte le sue conoscenze; il pubblico paradossalmente non deve fare niente, non deve sforzarsi; ci pensa il film ad agire, ad inghiottire. Ciò che potrebbe risultare complicato sarebbe trovare una via d'uscita - ma c'è realmente una via d'uscita senza che ci sia, prima ancora, una porta d'ingresso? Si potrebbe, in un certo qual modo, creare un'alternativa via di fuga, un po' come fa la protagonista del film, Nikki Grace, e un po' come succede in Mulholland Drive con Diane Selwyn. (Innumerevoli) Sdoppiamenti della propria personalità. Evadere, in un modo o nell'altro. Un'opera definitiva e stordente, che si potrebbe definire più potente e inquietante dei classici e soliti film horror; la pellicola di Lynch è infatti l'horror del subconscio e dell'inconscio, un film sull'orrore hollywoodiano. INLAND EMPIRE è l'apocalisse della razionalità cinematografica. Un film unico - sì, è verissimo che un aggettivo come questo è usato per delineare tanti, tantissimi lungometraggi, ma forse non c'è parola più appropriata per (non)definire l'ultima fatica lynchiana - e finale. Pesantissima visione, ma una delle più libere e appaganti che gli occhi di chi scrive abbiano mai visto e subìto. Un'opera vibrante, indigesta e irripetibile: il canto del cigno di David Lynch - la Catarsi spettatoriale.

"Non ho mai lavorato ad un progetto come questo prima. Non so esattamente come si rivelerà alla fine... Questo film è molto diverso perché non ho un copione. Ho scritto le cose scena per scena e molte di loro sono già state girate, ma non ho molto se non qualche indizio su come finirà. È un rischio, ma ho questa sensazione che tutto sia collegato, questa idea in questa stanza è in qualche modo legata a quella idea in quella stanza"
- David Lynch -

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