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INLAND EMPIRE

Regia di David Lynch vedi scheda film

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La recensione su INLAND EMPIRE

di cheftony
8 stelle

"Genialmitico! Eheheh...Non ho la minima idea di quello che sta accadendo."

In una puntata dei Simpson il buon Homer pronuncia queste parole alla visione di Twin Peaks, la famosa serie TV di Lynch ricca di misteri e immagini incomprensibili o quasi. L'atteggiamento da tenere davanti ad INLAND EMPIRE, forse l'opera a cui il regista aveva sempre voluto arrivare, è più o meno lo stesso. C'è poco o niente da capire, non c'è bisogno di super-criticoni cinematografici saccenti, c'è bisogno solamente di vedere e "sentire", interpretare a proprio piacimento e lasciarsi trasportare dallo squilibrato flusso di scene messo in atto.
La trama non è cosa da raccontare con grande facilità: Nikki, un'attrice (con le sembianze di una bravissima Laura Dern), è in lizza per una parte importante e una strana vicina di casa sa già che la parte sarà sua e, facendole visita, le provoca subito un piccolo sfasamento spazio-temporale, facendola vivere nel domani in cui riceverà la telefonata per comunicare che il ruolo sarà suo. Il film è un remake di un film polacco mai terminato per l'improvvisa scomparsa dei due attori protagonisti, ma il regista (Jeremy Irons) è determinato a sfatare il mito, mentre l'immedesimazione di Nikki nel ruolo di Susan diventa fin troppo approfondita, tanto che non si riuscirà più a distinguere il vero dalla finzione, il passato dal futuro, ciò che sembra il nostro normale presente risulta invece sovrapposto a tempi diversi di altre dimensioni, in un tripudio di follia.

"Il pubblico sa le cose, le capisce. Non servo certo io a spiegarle. La spiegazione dei miei film è lì davanti agli occhi di tutti. La spiegazione di chiunque lo veda non sarà, forse, simile alla mia, ma non importa. Il cinema serve a portarti in altri mondi."
   [David Lynch]

Lynch, con INLAND EMPIRE, titolo per lui da scriversi interamente maiuscolo senza peraltro che ne abbia spiegato il motivo, si diverte come un bambino che gioca a campana a saltare, non fosse altro che si tratta di salti logico-spazio-temporali vastissimi e assurdi, rendendo Nikki protagonista non solo del film in cui deve recitare, ma anche della violenza sessuale di inizio film, della Polonia di cinquant'anni fa, di un gruppo di prostitute sulla Walk of Fame hollywoodiana, mentre l'assurda sitcom Rabbits, i cui protagonisti sono conigli di dimensioni e comportamenti umani, suscita risate pre-registrate al più risibile non-sense e interagisce, in un modo o nell'altro, con Nikki stessa.
Una protagonista alla ricerca della conoscenza di se stessa, seppur proiettata in diversi mondi paralleli, accompagna un film alla ricerca di un senso, o meglio, accompagna lo spettatore alla ricerca (inutilmente) del senso del film. David Lynch, già con l'esordio di trent'anni prima Eraserhead, ha la straordinaria capacità di indurre in me, spettatore, un indefinito senso d'ansia senza che ci sia una vera storia in cui immedesimarmi, ma solo gettandomi in pasto a frammenti diversi che si susseguono l'un l'altro con collegamenti quasi impercettibili.

INLAND EMPIRE,
fra le altre cose, si avvale di ottimi interpreti e di alcuni camei, di una bella colonna sonora curata dal regista stesso e da Penderecki, di arredamenti pesantemente ispirati dalla Loggia Nera di Twin Peaks, di riprese (qua e là condite da inquadrature bislacche) effettuate con una telecamera digitale semiprofessionale, che Lynch ha imparato ad amare per la comodità e che d'ora in poi userà in ogni suo film.
E' metacinema sperimentale e ogni sua interpretazione è puramente soggettiva. Lynch lascia un alto grado di libertà al pubblico, che, come già riportato, capisce; forse qualcosa di diverso da ciò che lui intendeva...ma capisce, intuisce basandosi sui propri sensi.

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