Regia di David Lynch vedi scheda film
Un fascio di luce bianca si staglia nel buio, luce portatrice di salvezza e pace, lama che fende le tenebre e illumina l’INLAND EMPIRE, l’impero della mente, nutrendolo delle sue immagini. I piani temporali si sovrappongono scambiandosi particelle di memoria, semi che germogliano immagini, immagini che mutano in vita, vita che lascia tracce di sé attraversando il tempo e lo spazio secondo regole sconosciute alla razionalità della vita stessa. Semi fertili, i sogni. Sono i messaggeri tra il mondo razionale conosciuto e le sensazioni profonde, trasportano la coscienza attraverso il tempo remoto, reincarnandola in altre vite che continuano la loro esistenza in strati sempre più profondi sempre più difficili da raggiungere e comprendere ma divisi tra loro da barriere così sottili da entrarne in contatto, a volte assistendo così allo spettacolo terribile e affascinante dell’atavica conoscenza del mistero della vita.
Questa barriera in INLAND EMPIRE è lo schermo cinematografico. Esiste un piano di esistenza, il nostro, e nel buio un fascio di luce illumina lo schermo bianco. Nello schermo un fascio di luce illumina lo strato successivo, Laura Dern che si appresta a interpretare una storia tratta da un film precedente: il secondo schermo. Questo film prende spunto da una leggenda polacca, di un ipnotizzatore in grado di “bloccare” le persone in stati onirici o di far fare a loro sotto ipnosi qualsiasi cosa. Il terzo schermo. Al tutto assiste attraverso lo schermo (il quarto) della televisione una ragazza piangente, bloccata dentro una stanza. In una dimensione onirica (il quinto schermo) una delirante sit-com di conigli antropomorfi mette in scena l’interazione tra i protagonisti.
TRADIMENTO. Lynch tradisce il tradizionale concetto di fare cinema elevandolo a livello della video arte, sollevando dal pesante fardello della storia tutto l’impianto scenico fino a farlo deflagrare in frammenti di visioni impazzite, compenetrate più intuibili che comprensibili spingendo la visione nel profondo delle sensazioni filmando la più fedele rappresentazione di un incubo. Susan (Laura Dern) è una prostituta che non può avere figli dal marito sterile. Lei lo tradisce con un uomo e resta incinta. Il marito aggregato e presumibilmente sottomesso ad una compagnia di zingari polacchi, scoperto il tradimento fa uccidere la moglie da una donna posta sotto ipnosi da uno zingaro che si fa chiamare il Fantasma. La donna muore colpita a morte con un cacciavite tra le sue colleghe prostitute. Muore sulla Walk of Fame, il marciapiede con le stelle dei grandi attori della più grande fabbrica dei sogni: Hollywood.
LA FABBRICA DEI SOGNI. Non a caso Susan muore sulle stelle che richiamano l’universo dei sogni, la felicità, la possibilità di un attore di vivere vite diverse, di essere altrove o qualcun altro tramite il passaggio segreto della recitazione. Nel momento in cui muore, Susan sogna il remake della propria vita, legata ad una delle tante leggende che compongono la volta celeste del mito Hollywoodiano. La coscienza di Susan alla ricerca di una disperata seconda possibilità, quindi si impianta nella mente di NIkki (Laura Dern) attrice i procinto di interpretare il remake di un film maledetto, 47, in cui gli attori principali sono stati assassinati. Assiste a tutto questo, impotente e piangente, la vittima del film originale bloccata dentro una stanza d’albergo, imprigionata in un limbo dalla maledizione del Fantasma, l’incantatore polacco. Come in un sogno, la ragazza segue la storia di Nikki osservandola da uno schermo televisivo, il piano temporale che funge da divisione tra le due vite.
PASSAGGI SEGRETI. AXXN N è una crepa, il passaggio segreto che consente a Nikki di passare da un piano temporale all’altro, di vivere le esperienze altrui in sostanza di vivere appieno la propria identità di attrice annullando completamente la propria coscienza per vivere inconsciamente quella di un’altra persona. In questo Lynch omaggia il cinema in tutto il suo magnifico splendore, nell’arte dell’affabulazione e delle possibilità che questo mezzo offre. Nikki vive l’intera vita di Susan, passando dal set del film alla vita reale, vivendone gli incubi, i soprusi, rimanendo lei stessa vittima dell’ipnosi del Fantasma. Fino a giungere in un cinema in cui si proietta in diretta la storia che sta vivendo, attraverso il passaggio segreto “entra” fisicamente nella finzione, rendendola reale, donando ad essa carne e sangue.
47 MORTO CHE PARLA. La ragazza piangente è bloccata nella stanza 47, che era il titolo del film maledetto, in cui i conigli mettono in scena la verità di quello che è successo, la maledizione e l’omicidio, passivamente bloccati in una dimensione teatrale, pavidamente (conigli) si limitano a riproporre all’infinito la situation comedy senza trovarne rimedio, bloccati in un set paratelevisivo squallido, che nulla a che fare con la libertà espressiva del mezzo cinematografico che Lynch intende sempre come espressione di vita, di caleidoscopica moltiplicazione di possibilità. Nikki incontra il Fantasma durante l’avvicinamento alla stanza, ha seguito la vita di Susan reincarnata nella ragazza piangente fino alla fine della storia, lo uccide e sblocca la porta, frantuma la maledizione. Entrando nella 47, nella mente quindi della ragazza piangente, la sua fisicità svella la finzione dei conigli antropomorfi, proiezione distorta di una storia ormai terminata e baciando la ragazza le restituisce la vita. Quella vita persa su un marciapiede incastonato di sogni di una prostituta che ha delegato ad un sogno il desiderio di una seconda possibilità. Il bacio che restituisce la vita perduta, imprigionata della ragazza, rappresenta la perfetta collimazione delle tre vite parallele divise da quello schermo sottile che le divide, l’ultima inquadratura mostra il bacio tra le due donne riprese dalla televisione che al suo interno ha una televisione che mostra la stessa immagine. La moltiplicazione dell’immagine rende perfettamente l’idea del viaggio attraverso i piani temporali che il Nikki –sogno ha dovuto intraprendere per portare il suo messaggio di vita.
QUALCUNO ASSISTE. Il meta-cinema Lynchiano assurge a capolavoro assoluto, molto da comprendere, non necessariamente da capire. Lo sguardo finale di Laura Dern che dal “suo” film guarda oltre lo schermo è il punto più alto della grammatica cinematografica contemporanea, il cinema che prende coscienza della propria forza, letteralmente si accorge di esistere e coscientemente guarda chi assiste, passivamente alle sue storie. Lo sguardo fisico, di carne e consapevolezza di Laura Dern irrompe nella sala cinematografica, tra gli spettatori i “conigli” che assistono alla sua storia e che forse ancora non si sono accorti dello schermo che li divide da un piano esistenziale diverso in cui qualcuno sotto un cono di luce, fuori sincro ride e passivamente assiste alle loro storie. La relazione spettatore-finzione cinematografica viene in questo modo tradita, la natura umana viene corrotta dalla rottura di un patto consolidato in cui c’è chi assiste e chi finge, imprigionandola in un limbo che ha bisogno di salvificazione. Come il tradimento e l’omicidio della prostituta provoca un collasso di piani temporali così lo spettatore deve fare i conti con lo “sguardo”, con la frammentazione di una meta-coscienza che non può non tenere conto del proprio piano di esistenza. L’essere e il non essere sono solo definizioni legate ad un cono di luce che proietta le immagini delegando l’esistenza quindi allo sguardo di “un altro”, unica prova dell’esistenza stessa.
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