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Superman Returns

Regia di Bryan Singer vedi scheda film

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La recensione su Superman Returns

di scandoniano
5 stelle

Sequel di un film di 20 anni prima (che aveva già avuto un sequel!), molto lezioso, fortemente introspettivo, senza scene cult e con una percentuale di devozione per la saga inaugurata da Donner che è una zavorra pesante in termini di originalità. Un film di cui non si sentiva l’esigenza.

Il “ritorno” a cui il titolo si riferisce è quello dell’uomo d’acciaio da un lungo peregrinaggio alla ricerca di se stesso. Bryan Singer (il padre putativo degli X-men del grande schermo) non solo ci ribadisce che anche i supereroi hanno un cuore ed una loro fragilità, ma soprattutto che sono votati alla depressione. Con maggiore leziosità (ma tralasciando finalmente la vagonata di effetti speciali a cui ci aveva abituato), Singer ci racconta che Superman ritorna, appunto, ma per dirci qualcosa che già sapevamo (a parte che Lois Lane è una poco di buono). Il film non aggiunge né toglie nulla a quanto sapevamo sul grande schermo di Kal El e del suo alter ego Clark Kent, rimanendo fedele (quasi devoto) alla memorabile tetralogia inaugurata da Richard Donner nel 1978, a cui questo Superman porge numerosi omaggi (non ultimo quello scenografico del rifacimento della grotta di ghiaccio in cui lo stesso protagonista – e l’immancabile Lex Luthor – ascoltano le parole di Jor El, inquadrato da lontano per sfruttare immagini di repertorio del redivivo Marlon Brando). L’eccessiva devozione alla saga degli anni ’80 se da un lato ne fa apprezzare l’estrema nostalgia e il doveroso rispetto, dall’altro non fornisce quell’originalità, soprattutto nel punto di vista degli autori che era auspicabile. Fiasco al botteghino, omaggiato dalla critica, “Superman returns” non avrà mai un sequel (7 anni dopo la palla passa ad un altro esperto di cinecomics, Zack Snyder, che riparte con un nuovo reboot).

Un film di non se ne sentiva l’esigenza e di cui non si sarebbe sentita la mancanza.

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