Regia di Richard Brooks vedi scheda film
La doppia vita di Theresa Dunn: di giorno fa l’insegnante in una scuola per sordomuti, di sera rimorchia uomini nei bar. All’inizio la vediamo, timida e inibita, avere una relazione con un professore di letteratura che la pianta; poi va a vivere da sola, lasciandosi alle spalle il clima opprimente di una casa dove un padre troppo rigido le fa pesare il confronto con la sorella (ci sarebbe anche una zia della quale però in famiglia non si deve parlare, e che si scopre avere qualcosa a che fare con la malformazione ossea che aveva colpito Theresa da bambina). Una donna colta e sensibile, che si butta via per la sua confusa voglia di libertà: rifiuta la corte di un assistente sociale e va a letto con i più inaffidabili buzzurri della città; crede di conquistare la propria autonomia, e non si rende conto di intraprendere un percorso di autodistruzione (suggellato da un finale un po’ scontato, e comunque troppo brusco). È un film che porta su di sé il marchio a fuoco degli anni ’70: non c’è la Storia (del Vietnam si parla solo una volta, di striscio, quando Gere mostra una ferita di guerra) ma una storia, che nella sua obliqua esemplarità rappresenta bene il disorientamento di un’intera società. La bellezza nervosa della (quasi ex) musa alleniana Diane Keaton è l’icona perfetta di quel periodo.
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