Regia di Giorgio Cavedon, Mario Caiano vedi scheda film
Renato, potenziale suicida, e Monica, universitaria nipote di un celebre pittore, si incontrano nei sobborghi milanesi; amore e mistero si intrecciano fin da subito.
Di chiaro in questo film c’è davvero poco: e anche per questo, titolo più azzeccato di Ombre non poteva esserci; ciononostante le ‘ombre’ che gravitano sulla pellicola sono assolutamente indipendenti dalla volontà del suo autore, il noto fumettista Giorgio Cavedon al suo debutto in solitaria dietro la macchina da presa. Una certa attrazione per il cinema Cavedon l’aveva sempre provata, tanto che aveva co-diretto con Gianni Puccini I soldi (1965) e aveva in seguito scritto un paio di sceneggiature, ma qui la situazione è tutta nelle sue mani (sceneggiatore e regista) e il risultato lascia un bel po’ a desiderare. Come spesso accade per i debutti di cineasti che non hanno fatto molta gavetta, la direzione degli interpreti è piuttosto sciatta e anche un ottimo attore quale Lou Castel finisce spesso per girare a vuoto; le colpe in questo caso vanno però anche attribuite alla storia per nulla lineare, più nebbiosa che ombrosa a essere sinceri, e alla dimensione stilizzata del suo personaggio, come d’altronde di quello affidato alla coprotagonista, una giovane Monica Guerritore che però sullo schermo se la cava meglio in definitiva. Al loro fianco troviamo anche, tra gli altri, Ugo Bologna, Laura Belli, Mita Medici, Antonio Guidi e Carlo Bagno. La fotografia di Erico Menczer si può mettere tra le cose da salvare; difficile dire altrettanto della colonna sonora di Maurizio Sangineto, un po’ dozzinale; insalvabile a prescindere il commento in voce off con toni da diarietto adolescenziale. 2,5/10.
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