Regia di Giorgio Cavedon, Mario Caiano vedi scheda film
Unico, sfortunato, lungometraggio di Giorgio Cavedon, celebre fondatore della casa editrice "Ediperiodici". Film dalle atmosfere malinconiche e rarefatte, interpretato da un buon cast, ben scritto e diretto. Da riscoprire.
In fuga da un patrigno severo, Monica (Monica Guerritore) abbandona la periferia per raggiungere Milano, cercando di trovare lavoro come figurinista. Dal nonno (Lorenzo Logli), al quale era fortemente legata, ha infatti appreso l'arte del disegno. Casualmente trova sistemazione in una mansarda nel quartiere di Porta Ticinese, nella quale è deceduto un pittore. Tra quadri incompiuti e attrezzi del precedente inquilino è rimasta una tela bianca, sulla quale, spinta da uno stimolo esterno, traccia un ritratto del nonno: era lui, infatti, il pittore defunto. Conosce Renato (Lou Castel), un artista spiantato, fidanzato con Susanna (Laura Belli), con il quale entra in forte simpatia. Gravemente ammalata, sin da piccola, di una pesante forma di anemia perniciosa, poi sfociata in leucemia, presto Monica si ritrova in fin di vita in un letto di ospedale. Prima di morire, raccomanda a Renato di prendersi cura del ritratto del nonno. In seguito Renato, sconvolto per la scomparsa di una ragazza così giovane, si stabilisce a vivere nella mansarda e decide di approfondire il passato di Monica, mentre Susanna, figlia di un critico d'arte, decide di mettere all'asta il quadro, attribuito indebitamente a Renato.
"Ognuno di noi si sforza, passando per caso su questo inutile mondo, di lasciare un segno: palazzi, monumenti, colonne, quadri, statue... Poveri illusi. Vorremmo vincere questo tempo, avaro e geloso, che tutto consuma."
(Renato)
Ombre: Monica Guerritore
Sfortunato tentativo [1], da parte di Giorgio Cavedon (1930 - 2001), di realizzare un film drammatico con vaghe atmosfere horror, sottese e malinconiche. Forte di un cast di grande spessore (Lou Castel, Laura Belli, Monica Guerritore), con la partecipazione del direttore della fotografia Erico Menczer e con l'apporto di Maurizio Sangineto (compositore di una nostalgica colonna sonora), Cavedon realizza un film dalle cupe ambientazioni, girato quasi interamente in una "casa a ballatoio" di Porta Ticinese. Scritto dallo stesso regista, inizialmente con il titolo di Autoritratto, poi mutato in Ritratto di un fantasma [2], quindi definitivamente confluito in Ombre, il film affronta con profondità di analisi, e con testi poetici, tematiche pessimiste ed esistenziali. Sin dalle prime sequenze (in realtà, narrativamente collocabili verso la fine del film), durante le quali Cavedon mostra un avvilito Lou Castel attraversare binari ferroviari, desideroso, ma privo del sufficiente coraggio per compiere suicidio, di andare incontro alla morte. Ben interpretato e altrettanto scritto, il film sorprende per quanto in netto contrasto con l'attività editoriale dello stesso Cavedon. Co-fondatore, nel 1966, della RG - acronimo di Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon - poi destinata a mutare in "Ediperiodici" quando, nel 1972, la coppia si separa (in quell'occasione Barbieri crea la "Edifumetto"), Cavedon darà alle stampe una sterminata produzione di albi erotici che, seguendo il parallelo sconfinamento cinematografico nell'hard, a metà anni Ottanta sprofonda nella rappresentazione più cruda ed esplicita, ossia nei tascabili sex & violence con il logo del "rapace", soprattutto quelli delle serie scritte da Remo Pizzardi e Carmelo Gozzo (Storie Blu, Terror Blu e Storie Viola). Oltre ad avere avviato - con script di suo pugno, al servizio del pionieristico fumetto "cappa & spada" noto come Isabella (sua anche la sceneggiatura della relativa pellicola, Isabella la duchessa dei diavoli, diretta da Bruno Corbucci nel 1969) - la nuova corrente del fumetto erotico, a Cavedon si devono le pubblicazioni dei più celebri comics per adulti, ossia Terror ed Oltretomba (quest'ultima declinata in tre formati: tascabile, gigante e a colori). A dispetto di questa tendenza editoriale, Ombre procede esattamente sul lato opposto, mostrando un lato dell'autore insospettabile per sensibilità e nubilosa attitudine rispetto al tema trattato. Da segnalare, infine, che i quadri di scena sono opera di Carlo Jacono, mentre l'attribuzione di Mario Caiano alla co-regia è risultata essere quantomeno impropria, come rivelato da Roberto Curti: Ombre è stato diretto interamente da Giorgio Cavedon, dietro conferma dello stesso Lou Castel [3].
Ombre: scena
Chi è Giorgio Cavedon? [4]
"È un uomo che fino alla fine del 1965 ha fatto un po’ di tutto e, particolare non da poco, quello che voleva e gli piaceva: dal giornalismo al cinema commerciale e industriale all’adorato jazz, visto che dal 1949 al 1973 ha suonato con continuità con la banda della Milan College Jazz Society.
Nato a Brescia il 17 dicembre 1930, nel 1935 si trasferisce a Milano dove, adempiuti gli studi classici, frequenta la facoltà di Scienze Politiche. Contemporaneamente scrive articoli e libri, ha un buon successo il romanzo Con me alla conquista della cava pubblicato da Vallardi nel 1958, e già dal 1953 si occupa di cinema girando documentari a 16 millimetri. Per questa attività è premiato a Cannes con la Palma d’Oro per il cortometraggio Arturo. Nel 1960 è l’aiuto regista di Renato Dall’Ara che dirige Carla Gravina in Scano Boa. Nel 1965 sua è la regia di un episodio del film I soldi interpretato tra gli altri da Enrico Maria Salerno e Catherine Spaak."
Ombre: scena
Citazioni
Monologhi e pensieri pronunciati voice over da Renato/Lou Castel
"Ormai ogni finzione è finita. Sono rimasto solo su questo palcoscenico inutile. Il resto, tutto il resto che mi circonda e che faccio finta di condividere, non mi appartiene. Sono dentro a queste foglie, a questi sprazzi di luce improvvisi che nessuno riesce a catturare. E Monica, non c'è. E se Monica non c'è, non c'è posto per nessun altro nella mia mente. Non voglio ricordare nessun altro..."
"Nell'inutile gara col tempo, solo questo muro (sul quale è dipinto un murales, n.d.r.) ha vinto. Ha resistito all'acqua, al calore, al vento, mentre noi siamo caduti subito, alla partenza. Abbiamo solo intravisto il campo in cui si svolgeva la gara e abbiamo avuto paura. Per te è bastato un attimo, un colpo di vento per trasportarti lontano. Rotolavi per terra come un pezzo di carta abbandonata. È bastato un colpo di vento, per indebolire le radici del tuo giovane corpo. Allora tu correvi, ti nascondevi, perché qualcosa di male ti stava sopra. Qualcosa che antiche memorie ti ricordavano."
"Ci sono dei momenti, nella vita, in cui riesci a precorrere il tempo. A guardare lontano, a leggere in modo totale la realtà che ti circonda. Il tuo male, Monica, mi ha fatto precorrere il tempo. Ho capito, in quel momento, che ti avevo perduta per sempre. Ma come evitare, al destino, di compiersi?"
"Monica, un'altra ha preso il tuo posto per una sera. La mie carezze, i baci, le lacrime... erano per te, dolce amica che dormi lontano. Il tuo corpo riposa, non germina figli, ma fiori dai colori tenui, che ti assomigliano un poco..."
"La nostra storia finisce qui. Ora non sono nemmeno più capace di fingere. Vorrei continuare a ripetermi le poche pagine della nostra esistenza. Fissarmi un sorriso ipocrita e scendere in strada, incontrare la gente e dire: 'Piacere'. Piacere di cosa? Di esistere?"
"Mi hai detto, un giorno, che avremo danzato su un prato di papaveri rossi, sul quale ci stenderemo a fare l'amore, su quel piatto lago di sangue."
"I tuoi occhi tagliano il buio. Le scale buie s'incendiano dietro di te. Perché l'amore, quando passa, brucia. Non cresce più niente dove è passato l'amore. Cosa resta? Il vuoto. Il vuoto assoluto, senza suoni, odori, colori."
Ritratto di un fantasma: alle origini di Ombre
La storia offerta da "Oltretomba colore" n. 43 (luglio 1976) presenta in effetti molti punti in comune con il film. Vi si narra di Roland Green, un pittore londinese ossessionato da autoritratti e affetto da leucemia, residente in una soffitta nella quale perde la vita. Un mese più tardi, la giovane Clarence Redford si stabilisce nella stessa mansarda: la ragazza è in fuga dopo aver compiuto un parricidio finalizzato a liberarsi di un padre prepotente e, al tempo stesso, diventarne l'erede. Clarence, conosce Peter, un vicino pittore, con il quale entra in simpatia ma, dopo aver realizzato il ritratto di Green, muore di leucemia. Quindi il quadro "maledetto", tramite Peter che se ne appropria vendendolo come sua creazione, passa di mano in mano, seminando disgrazia ai nuovi proprietari.
Visto censura [5]
In data 30 maggio 1980, con nulla osta n. 75233, Ombre passa integralmente il visto censura, senza alcuna limitazione ai minori.
Metri di pellicola accertati: 2650 (circa 98' in proiezione cinematografica).
NOTE
[1] Sul Dizionario dei film italiani Stracult di Marco Giusti, si riporta l'informazione che Ombre fu visto al cinema da appena 565 spettatori, durante una sola settimana di programmazione, incassando la misera cifra di 1.695.000 lire.
[2] Il soggetto di Ombre è molto simile alla storia presente in un tascabile, pubblicato quattro anni prima dallo stesso Cavedon, dal titolo Ritratto di un fantasma: si veda l'intervento di Peegee44 (presumibilmente, dovrebbe trattarsi di Paolo Ghelardini) su Film TV, sceneggiatore di Oltretomba colore n. 43.
[3] "Italian Gothic Horror Films 1980 - 1989", pag. 41.
[4] Letteralmente, dal prezioso sito "Guida al fumetto italiano", a cura dell'esperto Gianni Bono.
[5] Dal sito "Italia Taglia".
Ombre: Lou Castel
"L'ombra, come la polvere, è il nostro fondo nascosto. La si vuole cancellare. Deve essere un eterno meriggio. Così si elimina la 'carnalità del luogo', il suo erotismo sottile, la sua terrestre caducità."
(Roberto Peregalli)
"Le ombre sono come le porte, le porte del non-fare. Un uomo di sapere, per esempio, può descriverti i sentimenti più reconditi degli uomini osservando le loro ombre."
(Carlos Castaneda)
F.P. 02/01/2023 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 90'35")
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