Regia di Stuart Burge vedi scheda film
Questa trasposizione della tragedia shakespeariana, diretta da Stuart Burge, è uno strano ibrido tra teatro e cinema in cui, tra i due medium, è più il primo a prevalere: la parola proferita dagli attori in scena e la loro gestualità hanno certamente una valenza maggiore di ogni scelta registica, invero ridotta all'osso e secondo me rappresentata dall'assenza quasi totale del primo piano - ne ho contati nemmeno una decina, in pratica nulla se si pensa che il film dura due ore e mezza abbondanti - di pochissimi movimenti di macchina e di una scenografia totalmente inesistente.
Tutte scelte veicolate verso ciò che interessa di più, cioè gli attori e la loro arte recitativa, qui a livelli altissimi.
Laurence Olivier, ovviamente nel ruolo del Moro, sotto un trucco che la fotografia lo rende nero con venature verdastre, giganteggia da par suo, sfoggiando i suoi consueti cambi di voce, passando dai toni più compassati a quelli in cui urla in maniera ossessiva e sfrenata; l'unico che può in parte tenergli testa è Frank Finlay nel ruolo del perfido Iago, con una recitazione più sottile e contenuta; una giovane Maggie Smith (Desdemona), dotata di una splendida dizione; Joyce Redman (Emilia, la moglie di Iago) anch'essa perfetta nel ruolo; via via tutti gli altri nei ruoli minori, come Derek Jacobi, Robert Lang e Anthony Nicholls.
Molto curati i costumi di Jocelyn Herbert, valorizzati dal lavoro dell'operatore Geoffrey Unsworth.
Grande teatro, buon cinema.
Voto: 7/8 (visto in v.o.).
P.S. : penso che non vedrò mai la versione doppiata!
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